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Non è tutta vita quella che emana cattivo odore

By Giovanna Russo
Published 25 Settembre 2024
6 Min Read
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Non è tutta vita quella che emana cattivo odore

Non è tutta vita quella che emana cattivo odore

La ricerca di vita extraterrestre rappresenta una delle sfide più affascinanti e complesse della scienza moderna. Identificare caratteristiche univocamente associate a processi biologici, note come biofirme, è cruciale per questa impresa. Le biofirme possono essere chimiche, isotopiche, mineralogiche, strutturali o tecnologiche, e sono tutte tracce osservabili che la vita lascia dietro di sé. Poiché la Terra è l’unico pianeta conosciuto che ospita la vita, la nostra comprensione delle biofirme si basa esclusivamente su questo esempio limitato. La verifica di una biofirma richiede non solo la probabilità che essa sia stata prodotta da un processo biologico, ma anche l’improbabilità che sia stata generata da processi non biologici.

Gas atmosferici come biofirme

Il ruolo dei gas a base di zolfo

Una delle principali biofirme utilizzate nella ricerca di esopianeti è rappresentata dai gas atmosferici, specie chimiche volatili prodotte dai sistemi biologici e rilasciate nell’atmosfera di un pianeta come prodotto di scarto. Tra queste molecole, i gas a base di zolfo sono attualmente considerati tra i più robusti indicatori della presenza di vita su un pianeta. Esempi di tali gas includono il dimetil solfuro, il solfuro di carbonile e il disolfuro di carbonio, tutte molecole che sulla Terra sono prodotti secondari del metabolismo degli organismi viventi.

Nuove scoperte e implicazioni

Un recente studio condotto da un team di ricercatori della Boulder Colorado University ha messo in discussione questa idea. Pubblicato su Astrophysical Journal Letters, lo studio ha dimostrato che è possibile produrre diversi gas organo-solforati in laboratorio senza il coinvolgimento di alcun sistema biologico. Questo risultato solleva dubbi sul ruolo di tali sostanze come biomarcatori forti.

Esperimenti di fotochimica

Protocollo sperimentale

Per ottenere le sostanze in fase gassosa, i ricercatori hanno condotto esperimenti di fotochimica. L’obiettivo era valutare cosa accade su un pianeta quando i gas reagiscono con la luce per formare la cosiddetta “foschia organica e gas associati”, una sorta di caligine composta da particelle di aerosol prodotte dalle reazioni chimiche che si verificano in atmosfera. All’interno di una camera di miscelazione, utilizzando metano, idrogeno solforato e azoto molecolare come precursori, i ricercatori hanno prodotto miscele di gas che simulavano diverse atmosfere planetarie.

Reazioni chimiche e analisi

Successivamente, attraverso un regolatore di flusso, queste miscele sono state fatte passare in una camera di reazione dotata di una lampada al deuterio in grado di emettere luce nel lontano ultravioletto. Il picco di emissione della lampada era compreso tra 115 e 165 nm, una finestra di lunghezze d’onda della radiazione la cui energia imita la fotolisi del metano nelle atmosfere riducenti del nostro Sistema Solare. La lampada è stata accesa, promuovendo l’irradiazione dei gas e l’avvio di reazioni chimiche simili a quelle che nell’atmosfera di un pianeta sono indotte dalla luce. La raccolta e l’analisi tramite gascromatografia con rivelazione di zolfo a chemiluminescenza è stata l’ultima fase dell’esperimento.

Risultati e implicazioni

Prodotti di reazione

Tra i prodotti di reazione individuati dai ricercatori c’erano il metantiolo (CH3SH), l’etantiolo (C2H5SH), il solfuro di carbonio (CS2), il solfuro di carbonile (COS) e l’etil-metilsolfuro (CH3CH2SCH3). Ma soprattutto, c’era il dimetil solfuro (CH3SCH3), la più forte tra le biofirme di vita. Prodotto dal metabolismo batterico e di alcune alghe marine, nonché responsabile dell’odore prodotto dalla cottura di alcune verdure, è il composto di origine biologica a base di zolfo più abbondante emesso nell’atmosfera terrestre.

Riflessioni dei ricercatori

Secondo i ricercatori, aver ottenuto queste molecole come prodotti di reazioni non biologiche limita il ruolo di questa molecola e di tutti i gas organosolforati come biofirme. Ellie Browne, scienziata dell’Università del Colorado a Boulder e co-autrice dello studio, ha dichiarato: “Le molecole solforate sono utilizzate come biofirme perché sono prodotte dalla vita sulla Terra. Ma in questo caso le abbiamo ottenute in laboratorio in condizioni abiotiche, quindi potrebbero non essere un segno di vita, ma un segno di qualcosa di ospitale per la vita”. Nathan Reed, astrobiologo dell’Università del Colorado a Boulder e primo autore della pubblicazione, ha aggiunto: “Uno dei risultati dell’articolo è stato l’aver trovato il dimetil solfuro. Si tratta di una molecola che è stata rilevata nelle atmosfere esoplanetarie e che si pensava fosse un segno di vita sui pianeti”.

Prospettive future

Nuove ricerche

I ricercatori sperano che il loro studio dia il via ad altre ricerche che esaminino le reazioni chimiche che coinvolgono lo zolfo. L’obiettivo è studiare tutte le reazioni in cui sono coinvolte per comprendere meglio il loro ruolo come biofirme. I risultati ottenuti potrebbero avere implicazioni per la valutazione dei gas organosolforati come potenziali biofirme nelle atmosfere esoplanetarie.

Conclusioni

Ciò che è stato dimostrato è che diversi composti solforati e semplici tioli, specie precedentemente considerate biofirme robuste nelle atmosfere esoplanetarie, hanno possibili percorsi di produzione non biologica che coinvolgono la fotochimica planetaria. Pertanto, ogni gas organosolforato citato nell’articolo rischia di essere una biofirma falsa positiva se i percorsi abiotici proposti vengono trascurati.

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