L’intelligenza artificiale diventa confidente delle nuove generazioni
Tra gli adolescenti e i giovani adulti italiani, l’Intelligenza Artificiale sta rapidamente assumendo il ruolo di confidente emotivo, oltre che di supporto didattico. Secondo una recente indagine realizzata da Skuola.net su un campione rappresentativo di 2.000 giovani tra gli 11 e i 25 anni, emerge che 1 su 6 si rivolge regolarmente a strumenti come ChatGPT, Replika o Youper per parlare dei propri problemi personali, confidarsi e cercare suggerimenti su come affrontare le difficoltà quotidiane.
ChatGPT come “amico psicologo”: una tendenza in crescita
Il 25% del campione ha dichiarato di avere un’interazione settimanale o quotidiana con un’intelligenza artificiale vista come una sorta di amico-psicologo. Il fenomeno è alimentato dalla percezione che questi strumenti rappresentino un punto di vista imparziale, discreto, sempre disponibile, e soprattutto non giudicante.
Questa confidenza digitale è spesso motivata dal fatto che le IA sono sempre accessibili, anche nei momenti di crisi in piena notte, e non richiedono né appuntamenti né costi elevati. Il 38% degli intervistati le usa proprio per questa disponibilità continua, mentre il 31% apprezza la possibilità di gestire il proprio percorso di auto-aiuto in totale autonomia. Il 28%, infine, cerca un’opinione oggettiva e priva di filtri sociali.
I vantaggi percepiti superano i rischi, ma le insidie non mancano
Ben 6 ragazzi su 10 hanno provato almeno una volta a utilizzare una IA con finalità psicologiche o emotive. La metà di coloro che si affidano a queste tecnologie quotidianamente o settimanalmente afferma che il proprio benessere mentale è migliorato, in modo significativo per il 17% e in forma più lieve per il 34%. Solo il 2% riporta un peggioramento, mentre per il 47% le cose sono rimaste invariate.
Tuttavia, non mancano le zone d’ombra. Il 33% di chi ricorre abitualmente all’IA segnala una forma di dipendenza, con la sensazione di non poter più fare a meno delle conversazioni virtuali. Inoltre, 1 su 6 dichiara di provare una connessione emotiva frequente durante queste interazioni, mentre il 38% riconosce che tale legame può verificarsi saltuariamente. Il rischio, quindi, è quello di sviluppare legami affettivi virtuali, con tutte le implicazioni psicologiche del caso.
L’intelligenza artificiale può avvicinare alla terapia reale
C’è però un dato interessante: il 31% di coloro che hanno sperimentato il supporto dell’IA si dichiara disposto a intraprendere un percorso terapeutico con un professionista umano, segno che l’interazione virtuale potrebbe fungere da ponte tra isolamento emotivo e psicoterapia tradizionale.
Attualmente, solo il 16% combina le due pratiche – IA e terapeuta umano – mentre il 50% degli utilizzatori abituali non ha mai avuto contatti con uno psicologo reale. Tuttavia, il 28% ha avuto esperienze passate di terapia, e ciò suggerisce che l’uso dell’IA non esclude a priori il ricorso all’aiuto professionale.