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Le donne indigene del New Mexico denunciano la crisi climatica nella Roundhouse di Santa Fe

By Paola Belli
Published 12 Febbraio 2025
7 Min Read
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Contents
Un rituale di connessione con la terraL’impatto devastante delle industrie estrattiveIl pericolo dell’industria del petrolio e del gasIl ritorno delle politiche ambientali distruttiveL’impegno per la giustizia ambientaleIl ruolo dei legislatori nativi nel cambiamento

Santa Fe, New Mexico – Con striscioni che riportavano messaggi potenti come “L’acqua è il nostro primo ambiente” e “Onora il respiro della vita”, donne indigene, artisti e giovani si sono riuniti nella Roundhouse, il Campidoglio dello stato, per affrontare il tema della crisi climatica. L’evento, che ha segnato la quinta edizione della Giornata delle Donne Indigene, ha messo in luce l’importanza della tutela ambientale e la lotta delle comunità native contro le industrie estrattive.

Un rituale di connessione con la terra

La giornata è iniziata con una camminata di preghiera fino alla Roundhouse, seguita dalla proclamazione ufficiale che ha riconosciuto il sabato come la Giornata delle Donne Indigene. Momenti di grande impatto emotivo sono stati rappresentati da discorsi, danze e performance musicali.

Emileah Misty Rain Flower Lujan, membro del Taos Pueblo, ha incantato i presenti con la sua danza con cerchi, una pratica simbolica in cui il ballerino utilizza più cerchi per formare immagini di animali e piante, mantenendo il ritmo della musica. “Quando torniamo alla terra, guariamo”, ha dichiarato Lujan, sottolineando il legame tra la cultura indigena e la natura.

L’impatto devastante delle industrie estrattive

Julia Bernal, direttrice della Pueblo Action Alliance, ha denunciato il ruolo dannoso delle industrie che estraggono minerali e risorse naturali, con gravi ripercussioni sulla salute delle comunità e sull’ambiente. La sua organizzazione, con sede ad Albuquerque, lavora per la giustizia climatica e conta membri provenienti da diverse comunità pueblo.

Bernal ha evidenziato come le attività estrattive siano collegate anche alla crisi dei nativi americani scomparsi e assassinati, nonché al continuo sfruttamento delle terre indigene per profitto. “L’estrazione di risorse naturali perpetua la crisi climatica”, ha dichiarato Bernal, che appartiene al Sandia Pueblo e alla nazione Yuchi.

Ha inoltre sottolineato che l’estrazione delle risorse è connessa a temi di immigrazione e cittadinanza per diritto di nascita, evidenziando come la colonizzazione abbia cancellato l’identità indigena su entrambi i lati del confine statunitense.

“La protezione dell’acqua, della terra e dell’aria è un movimento guidato dalle donne indigene”, ha affermato Bernal, ribadendo il ruolo fondamentale che le donne ricoprono nella lotta per i diritti ambientali.

Il pericolo dell’industria del petrolio e del gas

Uno dei principali motivi di preoccupazione per la Pueblo Action Alliance riguarda lo sviluppo di petrolio e gas nella parte nord-occidentale del New Mexico, in particolare nelle aree circostanti il Chaco Culture National Historical Park, luogo sacro per il popolo pueblo.

Negli ultimi anni, l’attenzione si è spostata anche sulle politiche statali in merito all’energia a idrogeno, spesso presentata come una fonte a zero emissioni. Tuttavia, secondo Bernal, il processo di produzione dell’idrogeno comporta un elevato consumo di acqua, sollevando serie preoccupazioni.

L’alleanza si oppone fermamente alla proposta della governatrice Michelle Lujan Grisham denominata Strategic Water Supply, che prevedeva un investimento di 500 milioni di dollari per acquistare acque reflue trattate dall’industria del petrolio e gas e riutilizzarle per la produzione di idrogeno.

Sebbene il disegno di legge sia scaduto con la fine della sessione legislativa di febbraio 2024, una versione aggiornata, denominata House Bill 137, ha già superato il suo primo ostacolo legislativo.

Il ritorno delle politiche ambientali distruttive

Jolene Tsinnijinnie, appartenente al Pueblo di Santo Domingo e alla Nazione Navajo, ha criticato aspramente il ripristino delle regolamentazioni ambientali dell’amministrazione Trump, che potrebbero favorire la fratturazione idraulica e l’inquinamento delle acque reflue.

“Questa idea di riportare la grandezza all’America fallisce completamente, mettendo in pericolo la terra su cui viviamo”, ha affermato Tsinnijinnie, condannando la complicità delle aziende che, aggirando le regolamentazioni, sfruttano senza limiti le risorse naturali.

Ha inoltre sottolineato il cambiamento nel ruolo delle donne indigene e dei parenti a due spiriti, un tempo considerati guide e leader nelle società native. “È tempo di ricostruire il nostro rapporto sacro con la terra e onorare le nostre società matriarcali”, ha dichiarato.

L’impegno per la giustizia ambientale

L’organizzazione no-profit Honor Our Pueblo Existence (H.O.P.E.), con sede a Santa Clara Pueblo, è impegnata nella preservazione culturale e nella salute ambientale. Una delle sue principali battaglie riguarda la denuncia dell’impatto del Los Alamos National Laboratory, costruito su terre ancestrali del popolo pueblo.

Marian Naranjo, fondatrice di H.O.P.E., ha raccontato il suo impegno per la giustizia ambientale, in particolare nel favorire il dialogo tra le comunità pueblo e le istituzioni governative.

Ha ricordato che ci sono voluti 12 anni prima che Santa Clara Pueblo esprimesse un commento ufficiale sul laboratorio di Los Alamos, evidenziando le preoccupazioni legate a suolo, aria, acqua e risorse culturali. “È stato un passo fondamentale per le tribù”, ha dichiarato.

Il ruolo dei legislatori nativi nel cambiamento

La senatrice statale Linda Lopez ha istituito la Giornata delle Donne Indigene cinque anni fa per dare visibilità alle donne delle tribù del New Mexico. Quest’anno, il tema scelto ha evidenziato la lotta per la terra, l’acqua e l’aria, temi fondamentali per la sopravvivenza delle comunità indigene.

Anche la senatrice Shannon Pinto, membro della Navajo Nation, ha sottolineato l’importanza di affrontare le questioni ambientali, in particolare per le comunità che rappresenta nel Distretto 3 del Senato statale.

Uno dei problemi più urgenti riguarda la bonifica delle miniere di uranio abbandonate, una conseguenza diretta dell’estrazione intensiva iniziata durante la Seconda Guerra Mondiale.

I legislatori hanno annunciato un investimento di 50 milioni di dollari per la pulizia dei siti contaminati, ma restano ancora 261 miniere abbandonate che necessitano di interventi immediati.

“Abbiamo parlato abbastanza. Ora dobbiamo agire”, ha concluso Pinto, sottolineando l’urgenza di affrontare le conseguenze ambientali lasciate dalle industrie estrattive.

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