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Perché diciamo “Big Bad Wolf” e non “Bad Big Wolf”? Il mistero della grammatica invisibile inglese

By Valeria Mariani
Published 10 Maggio 2025
4 Min Read
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Un ordine che nessuno ti insegna, ma che tutti seguono

Chi è cresciuto parlando inglese probabilmente non sa di seguire una regola grammaticale tra le più complesse, sottili e rigorose della lingua. Non viene insegnata a scuola, non è scritta nei manuali di base, ma chi la ignora suona goffo e “non nativo”. Si tratta della sequenza precisa e obbligatoria con cui si devono disporre gli aggettivi davanti a un sostantivo.

 

Secondo una regola ampiamente accettata da linguisti e insegnanti, l’ordine corretto in inglese è: Opinione > Dimensione > Età > Forma > Colore > Origine > Materiale > Scopo > Sostantivo. Quindi si dirà “a lovely little old rectangular green French silver writing desk” — e tutto questo ha un suono naturale solo se si rispettano le posizioni degli aggettivi.

 

Un esempio pratico: la borsa perfetta

Pensa alla frase: “a beautiful small old round yellow Italian leather handbag”. Ognuno di questi aggettivi rispetta la sequenza, e il risultato è una frase scorrevole, istintivamente corretta per un madrelingua. Provando a cambiare l’ordine in qualcosa come “a yellow old beautiful Italian handbag leather round small”, la frase perde completamente il suo equilibrio e risulta innaturale.

 

Il mistero delle priorità aggettivali

Non è del tutto chiaro perché l’ordine debba essere questo. Alcuni linguisti, come spiegato in articoli di Grammarly, ipotizzano che gli aggettivi più soggettivi (come l’opinione) vadano prima, mentre quelli più oggettivi (come il materiale o lo scopo) si avvicinino al sostantivo. Un altro punto di vista suggerisce che l’aggettivo più vicino al sostantivo sia quello più essenziale per definirlo. Ma queste teorie reggono fino a un certo punto. Ad esempio, dire “a small dog” o “a black dog” cambia davvero il livello di specificità? La distinzione non è sempre così netta.

 

L’eccezione che suona giusta: la reduplicazione ablaut

Come se non bastasse, l’inglese include un altro principio non scritto: la reduplicazione ablaut, che stabilisce l’ordine fonetico tra parole simili. La regola è che la vocale I precede la A, che a sua volta precede la O. Questo è il motivo per cui diciamo tick tock, zig zag, ping pong e King Kong, e mai il contrario.

 

In effetti, questa regola fonetica può perfino sovrascrivere l’ordine degli aggettivi. È per questo che diciamo “The Big Bad Wolf” e non “The Bad Big Wolf”. La prima suona naturale, la seconda straniante, quasi comica.

 

Un incubo per chi studia l’inglese

Questo insieme di norme non scritte, arbitrarie eppure intuitive, rende l’inglese una lingua molto meno semplice di quanto si pensi. Per un parlante straniero, imparare a intuire l’ordine giusto degli aggettivi può richiedere anni di esposizione, perché non basta conoscere il significato: bisogna anche sentire il ritmo interno della frase.

 

Un fenomeno virale e un libro illuminante

Questa peculiarità linguistica è stata riportata all’attenzione del grande pubblico nel 2016, quando un post virale citava un passaggio del libro The Elements of Eloquence: How to Turn the Perfect English Phrase di Mark Forsyth. Il libro evidenzia proprio quanto le regole di stile siano seguite inconsapevolmente, eppure fondamentali per la musicalità della lingua inglese.

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