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Il monitoraggio digitale della forma fisica: un alleato per la salute o un’arma a doppio taglio?

By Paola Belli
Published 11 Febbraio 2025
5 Min Read
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Contents
I benefici del monitoraggio della forma fisicaIl lato oscuro della misurazione costanteQuando la competizione diventa un ostacoloIl rischio di trasformare lo sport in un obbligo

Il monitoraggio digitale della salute e della forma fisica è diventato sempre più diffuso, permettendo agli utenti di raccogliere dati su attività fisica, sonno, frequenza cardiaca e calorie bruciate. Dispositivi come Garmin e Fitbit promettono di aiutare a “sbloccare le prestazioni umane” e “sintonizzarsi con il proprio corpo”, suggerendo che conoscere meglio le proprie abitudini porterà a scelte più sane. Ma è davvero così? Alcuni studiosi iniziano a mettere in dubbio questa teoria, sollevando interrogativi su eventuali conseguenze negative.

I benefici del monitoraggio della forma fisica

I primi fitness tracker hanno fatto la loro comparsa alla fine degli anni 2000 grazie a brand come Fitbit e Nike, che hanno sviluppato dispositivi in grado di sincronizzarsi prima con i computer e poi con gli smartphone. Da allora, numerose ricerche hanno cercato di comprendere l’impatto di questi strumenti sulla salute e sul comportamento umano.

Gli studi hanno dimostrato che il monitoraggio della forma fisica può effettivamente aumentare il livello di attività degli utenti. Una revisione di 71 ricerche ha evidenziato come questi strumenti abbiano un effetto positivo sulla motivazione, spingendo molte persone a muoversi di più e a migliorare il proprio stato di salute generale.

Tuttavia, questi benefici non sono universali. I risultati suggeriscono che il monitoraggio funziona meglio per gli individui più giovani e già attivi, mentre le persone meno abituate all’esercizio fisico tendono ad abbandonare il dispositivo dopo un periodo iniziale di entusiasmo.

Il lato oscuro della misurazione costante

Se per alcuni utenti i fitness tracker rappresentano una spinta motivazionale, per altri possono trasformarsi in una fonte di ansia e frustrazione. Molti studi hanno dimostrato che non raggiungere gli obiettivi giornalieri o confrontarsi con utenti più performanti può generare senso di colpa, fino a portare alcune persone ad abbandonare completamente l’attività fisica.

Aisha Sobey, ricercatrice del Jesus College di Cambridge, ha criticato il modo in cui questi dispositivi interpretano il concetto di progresso. Secondo la studiosa, il monitoraggio della forma fisica tende a favorire chi è già in ottima condizione fisica, penalizzando chi è meno performante e rischiando di disincentivarlo. “Le persone che si trovano in fondo alla classifica tendono a fare meno, non di più”, afferma Sobey, sottolineando che si tratta di una conseguenza indesiderata.

Quando la competizione diventa un ostacolo

Molte app di monitoraggio, come Strava, basano il proprio sistema sulla competizione e sul rinforzo sociale, permettendo agli utenti di confrontare i propri risultati con amici e follower. Per chi è già motivato, questo approccio può rappresentare un incentivo a migliorare le proprie prestazioni. Per chi, invece, fatica a mantenere un ritmo costante, può rivelarsi demotivante e stressante.

Sobey evidenzia come questi strumenti siano progettati per un’utenza ampia, senza tenere conto delle differenze individuali. Ogni persona ha un corpo e una mente unici, e ciò che funziona per qualcuno potrebbe risultare dannoso per un altro. “Non possiamo sviluppare un’app per tutti e aspettarci che abbia lo stesso effetto su chiunque”, conclude la ricercatrice.

Il rischio di trasformare lo sport in un obbligo

Un’altra problematica evidenziata dagli studiosi riguarda la perdita della motivazione intrinseca. Jordan Etkin, professore della Duke University, ha scoperto che il monitoraggio continuo può rendere l’esercizio meno divertente, trasformandolo in una sorta di dovere imposto dagli obiettivi numerici.

Secondo Etkin, la misurazione costante delle prestazioni sposta l’attenzione dai benefici emotivi dell’attività fisica ai semplici risultati numerici, facendo apparire lo sport più come un lavoro che come un piacere. Sobey concorda, sottolineando che “trasformare un’esperienza in un numero significa renderla un obiettivo da raggiungere, distogliendo l’attenzione dal semplice godimento dell’attività”.

Forse, l’unico modo per contrastare questi effetti negativi è rivedere il modo in cui utilizziamo i fitness tracker. Anziché focalizzarsi esclusivamente sulle metriche quantitative, si potrebbe integrare il monitoraggio con strumenti più soggettivi e personali, come diari di allenamento, foto o annotazioni sulle proprie sensazioni, per mantenere vivo il piacere dell’attività fisica senza trasformarlo in una rigida competizione con se stessi.

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