Cos’è il metodo Jeffing e perché sta conquistando anche i maratoneti
Anche se potresti non aver mai sentito parlare del metodo Jeffing, questo approccio all’allenamento di resistenza sta diventando una delle tecniche preferite da chi desidera correre più a lungo, riducendo il rischio di infortuni. Inventato negli Stati Uniti negli anni ’70 da Jeff Galloway, ex maratoneta olimpico, il metodo consiste nell’alternare segmenti di corsa e camminata secondo uno schema personalizzabile.
In un’epoca in cui la corsa sta vivendo un secondo boom globale – visibile nella diffusione di eventi come il Parkrun, nelle iscrizioni a gare di massa e nel crescente mercato di scarpe e gadget da running – molti atleti, ma anche principianti assoluti, trovano nel Jeffing un modo più sostenibile e accessibile per allenarsi.
La filosofia alla base del Jeffing: più distanza con meno fatica
Il principio alla base di questa tecnica è sorprendentemente semplice: correre per un intervallo di tempo breve, seguito da una camminata rigenerante, ripetendo questa alternanza per tutta la durata dell’allenamento o della gara. Secondo Jeff Galloway, questa modalità riduce drasticamente la fatica muscolare e migliora il recupero, permettendo persino di coprire distanze maggiori rispetto a una corsa continua.
Il metodo può essere altamente strutturato, con cicli prestabiliti di 30 secondi di corsa e 30 di camminata, oppure più flessibile, basato sulle sensazioni corporee. Lo stesso Galloway suggerisce che se si percepisce un affanno eccessivo, è il momento giusto per inserire una pausa camminata, evitando sovraccarichi al corpo.
Jeffing e fartlek: due metodi, due intensità diverse
A prima vista, il Jeffing ricorda il fartlek, termine svedese che significa “gioco di velocità”, nato negli anni ’30 tra i corridori di cross-country per migliorare resistenza e velocità. Ma c’è una differenza fondamentale: mentre il fartlek prevede scatti intensi alternati a corsa leggera, il Jeffing opera su intensità inferiori, puntando sulla durata e sulla possibilità di non esaurire le energie troppo rapidamente.
Studi recenti sull’allenamento fartlek hanno dimostrato significativi miglioramenti nella resistenza cardiovascolare in appena 12 settimane, ma il Jeffing, con il suo approccio più dolce, è pensato per una platea più ampia, includendo anche chi si avvicina alla corsa per la prima volta o chi è in fase di recupero da infortuni.
Un metodo per tutti: dai principianti ai maratoneti
Originariamente ideato per neofiti, il Jeffing si è rivelato così efficace che è stato adottato anche da corridori esperti, inclusi maratoneti. Nella sua prima applicazione, nel 1974, Galloway allenò un gruppo di principianti assoluti e, dopo dieci settimane di Jeffing, ogni partecipante riuscì a concludere una gara di 5 o 10 chilometri.
Oggi la tecnica viene integrata anche nei piani di preparazione per maratone complete, dove la gestione dell’energia è cruciale. I corridori possono pianificare gli intervalli oppure decidere di camminare quando sentono il bisogno, ascoltando i segnali del corpo.
I benefici scientificamente documentati del Jeffing
Uno dei vantaggi principali del Jeffing è la sua capacità di ridurre il rischio di infortuni. La minor intensità comporta meno stress su articolazioni, tendini e muscoli, rendendolo ideale non solo per chi ha appena iniziato, ma anche per chi ha bisogno di allenarsi senza sovraccarichi.
Inoltre, il recupero post-allenamento è più rapido: chi utilizza questa tecnica riporta frequentemente una minore sensazione di stanchezza dopo la corsa, facilitando la costanza negli allenamenti.
Il metodo, infine, permette di decentrarsi dalla prestazione pura, spostando l’attenzione da velocità e distanza a percezione corporea e benessere, promuovendo una visione della corsa come esperienza accessibile, divertente e sostenibile.
Per approfondire il metodo e gli studi di Jeff Galloway, puoi visitare il sito ufficiale:
https://www.jeffgalloway.com