Gli uccelli lo fanno, gli scimpanzé lo fanno e persino le farfalle monarca lo fanno. Gli animali selvatici, osservati con attenzione, rivelano una straordinaria capacità di auto-medicarsi, scegliendo con precisione le piante e le sostanze naturali che li aiutano a combattere malattie e parassiti. Studiando questi comportamenti, si aprono nuove prospettive per scoprire trattamenti innovativi per gli esseri umani.
Più di vent’anni fa, lo scienziato olandese Jaap de Roode fece una scoperta che avrebbe ridefinito il corso della sua carriera. Analizzando l’ecologia e l’evoluzione dei parassiti e dei loro ospiti, si accorse che le farfalle monarca, oggetto dei suoi studi, sfruttavano alcune piante medicinali per curare sé stesse e garantire la salute delle loro larve. Un comportamento che, all’epoca, sembrava del tutto incredibile.
Oggi, Jaap de Roode è considerato uno dei massimi esperti al mondo di medicazione animale. Guida un laboratorio di ricerca presso l’Università Emory, ad Atlanta, nello Stato della Georgia, e ha recentemente pubblicato un libro dal titolo Doctors by Nature: How ants, apes and other animals heal themselves. Nel testo sostiene che gli animali posseggano una conoscenza medico-naturalistica capace di offrire preziose lezioni alla nostra medicina moderna.
Scimpanzé, larve e farfalle: quando la natura si cura da sé
Lo studio dei comportamenti terapeutici non riguarda solo gli insetti. Anche i primati e persino le larve mostrano un’innata capacità di curarsi. Un esempio straordinario è quello documentato negli anni ’80 in Tanzania, quando l’etologo Michael Huffman, dell’Università di Kyoto, insieme al ranger dei Parchi Nazionali tanzaniani, Mohamedi Seifu Kalunde, osservò un comportamento insolito in una scimpanzé chiamata Chausiku.
Questa femmina adulta sembrava ammalata: appariva letargica, si isolava dal gruppo, soffriva di diarrea e trascorreva molte ore sdraiata. Gli osservatori la seguirono fino a una pianta conosciuta localmente come Vernonia, chiamata anche foglia amara. La videro spogliare la corteccia e masticarne il midollo, un alimento non incluso nella sua dieta abituale.
Secondo Seifu, esperto anche di fitoterapia tradizionale, quella stessa pianta veniva impiegata dagli umani per trattare problemi intestinali e parassitosi. Dopo aver ingerito il midollo, Chausiku mostrò evidenti segni di miglioramento nel giro di ventiquattro ore.
La scienza dietro le scelte terapeutiche animali
Le osservazioni condotte su molte specie selvatiche indicano che alcuni animali sono capaci di distinguere piante nocive da quelle benefiche, selezionando con cura le sostanze che contengono principi attivi curativi. Le farfalle monarca, ad esempio, depongono le proprie uova sulle specie vegetali del genere Asclepias, che contengono sostanze tossiche per i parassiti ma non per le larve della farfalla stessa. In questo modo, proteggono la prole da future infestazioni.
Allo stesso modo, gli orsi lanosi, una particolare specie di bruco, si nutrono di alcaloidi presenti in alcune piante, capaci di combattere le infezioni fungine che li affliggono. Questi comportamenti, una volta ritenuti istintivi, sono oggi interpretati come frutto di una conoscenza evolutiva sofisticata.
Atlanta e il laboratorio che studia la medicina naturale degli animali
Nel cuore della città di Atlanta, presso l’Università Emory, il laboratorio guidato da Jaap de Roode analizza i meccanismi attraverso cui gli animali selvatici riconoscono i rimedi naturali. Le scoperte di questo gruppo di ricerca suggeriscono che esista un sapere ecologico che gli animali tramandano da generazioni e che potrebbe rappresentare un modello per la medicina umana.
Secondo de Roode, osservare gli animali potrebbe permettere di identificare nuove molecole da utilizzare per contrastare malattie infettive, parassiti e altre patologie. Il suo lavoro si concentra soprattutto su come le strategie di auto-medicazione influiscano sull’evoluzione degli ecosistemi naturali.
Un futuro in cui gli animali ispirano la medicina umana
Dall’Africa orientale alle foreste pluviali del Sud America, dalle farfalle monarca degli Stati Uniti ai primati delle montagne di Tanzania, il mondo animale continua a stupire per le sue competenze curative. Gli studi come quelli di de Roode aprono una finestra affascinante su una farmacopea naturale che potrebbe arricchire il patrimonio della medicina contemporanea.
L’osservazione delle strategie di sopravvivenza adottate dagli animali selvatici non è solo una curiosità scientifica: è una via concreta per comprendere e sfruttare meglio le risorse naturali presenti sul pianeta, offrendo prospettive nuove per la cura delle malattie umane.