La personalità incide profondamente sulla salute mentale
Un nuovo studio pubblicato sul Journal of Psychopathology and Clinical Science ha messo in discussione la visione tradizionale che separa nettamente personalità e psicopatologia. La ricerca ha infatti evidenziato che circa il 25% del rischio individuale di sviluppare disturbi mentali comuni – come ansia, depressione e fobie – può essere attribuito direttamente a specifici tratti della personalità.
Secondo gli autori, i risultati potrebbero rivoluzionare l’approccio clinico e scientifico alla salute mentale, promuovendo una visione più integrata tra l’identità personale e la vulnerabilità psicologica.
Una relazione più profonda di quanto si pensasse
Storicamente, psicopatologia e personalità sono state considerate due sfere distinte: la prima legata a processi temporanei e disfunzionali, la seconda associata a tratti più stabili e adattivi. Tuttavia, lo studio ha dimostrato che questa distinzione è in gran parte artificiale. Attraverso l’analisi delle risposte di oltre 16.000 individui, integrate anche da osservazioni di familiari e amici, i ricercatori hanno rilevato una sovrapposizione significativa tra i tratti di personalità e i sintomi psicopatologici.
Questa sovrapposizione è stata così marcata da far emergere una proporzione costante: circa un quarto del rischio mentale totale e dei rischi per disturbi specifici sembra essere riconducibile ai tratti individuali.
Cinque fattori chiave e il ruolo del neuroticismo
Il team ha valutato le personalità attraverso il noto modello dei Big Five, che comprende:
- Apertura mentale
- Coscienziosità
- Gradevolezza
- Estroversione
- Nevroticismo
È stato il nevroticismo – ovvero la predisposizione a emozioni negative come ansia, tristezza o irritabilità – a mostrare la correlazione più forte con una cattiva salute mentale. Anche una bassa coscienziosità (cioè disorganizzazione e scarsa autodisciplina) e un’alta gradevolezza (eccessiva accondiscendenza e vulnerabilità interpersonale) sono risultate associate a un aumento del rischio psicopatologico.
Non determinismo, ma probabilità
Gli autori dello studio, tra cui la psicologa Helo Liis Soodla dell’Università di Tartu in Estonia, hanno sottolineato che si tratta di correlazioni, non di relazioni causali. Ciò significa che non tutti coloro che possiedono determinati tratti svilupperanno disturbi mentali, e che molte persone affette da condizioni psicologiche non presentano profili di personalità “a rischio”.
Le personalità, inoltre, non sono le uniche variabili in gioco. Eventi stressanti durante l’infanzia, fattori genetici e ambientali, come anche esperienze traumatiche, contribuiscono a modulare in modo significativo la vulnerabilità individuale.
Uno strumento per la clinica e la prevenzione
I risultati della ricerca aprono nuove prospettive per la diagnosi precoce e la personalizzazione dei trattamenti psicologici. Se integrati in modo etico e responsabile nella pratica clinica, questi dati potrebbero consentire agli specialisti di individuare più facilmente persone a rischio e fornire interventi mirati, soprattutto in un’epoca in cui i disturbi mentali rappresentano una delle principali sfide sanitarie globali.
Fonte dello studio: Journal of Psychopathology and Clinical Science