Nel cuore oscuro della Fascia di Kuiper, una regione remota oltre Nettuno, è stato identificato 2017 OF 201, un pianeta nano che sfida le teorie esistenti sull’architettura del Sistema Solare esterno. Scoperto nel 2025 da un team di ricercatori guidato da Sihao Cheng e Jiaxuan Li, questo corpo celeste sembra mettere in dubbio l’esistenza del Pianeta X, un gigante ghiacciato ipotetico che per anni ha cercato di spiegare le stranezze orbitali dei TNO (oggetti transnettuniani).
La traiettoria di 2017 OF 201 è estremamente ellittica e richiede 25.000 anni per compiere un’orbita completa attorno al Sole. Il suo afelio, il punto più lontano dal Sole, si trova a 1.600 unità astronomiche, ovvero una distanza 1.600 volte maggiore di quella della Terra. Questa orbita anomala, lontana dai canoni planetari conosciuti, contraddice le previsioni del modello che giustifica le anomalie con il Pianeta X, suggerendo invece che le interazioni gravitazionali del passato possano spiegare i comportamenti attuali dei TNO.
La scoperta non è avvenuta grazie a un telescopio di nuova generazione, ma attraverso un algoritmo sviluppato presso Princeton University, in grado di analizzare dati raccolti tra il 2017 e il 2024 dai telescopi Victor M. Blanco e Canada France Hawaii Telescope. L’algoritmo ha saputo identificare una sequenza coerente all’interno di punti luminosi precedentemente trascurati, dimostrando come la tecnologia e l’intuizione umana possano trarre oro da archivi dimenticati.
Secondo le ipotesi più recenti, 2017 OF 201 potrebbe essere stato espulso dall’influenza dei pianeti giganti nelle prime fasi della formazione solare, viaggiando verso la Nube di Oort per poi rientrare lentamente. Questa storia dinamica complessa suggerisce che l’apparente “allineamento” di altri TNO potrebbe non essere causato da un singolo corpo massivo nascosto, bensì da una serie intricata di interazioni gravitazionali avvenute in ere antiche.
Tutti i dati utilizzati per individuare il pianeta nano erano accessibili pubblicamente, rendendo questa scoperta un esempio virtuoso di scienza aperta. Il progetto ha coinvolto non solo accademici, ma anche studenti e citizen scientist, valorizzando un modello di ricerca partecipativa che supera i limiti di budget e geografia. Come ha dichiarato Jiaxuan Li, non è la dimensione del telescopio a contare, ma la creatività di chi legge i dati.
Gli studiosi stimano che possano esistere oltre cento corpi celesti con caratteristiche simili a 2017 OF 201, ancora invisibili agli strumenti attuali. La prossima sfida sarà aumentare la sensibilità degli algoritmi e dei telescopi, per mappare quella che viene ora definita la “Zona Oscura” del nostro Sistema Solare. Solo con osservazioni future, forse da parte di missioni spaziali dedicate o radiotelescopi avanzati, si potrà confermare definitivamente la natura di pianeta nano di questo enigmatico oggetto.
(Fonti: Caltech IPAC, Princeton Astrophysics)