Una domanda semplice, una risposta sorprendente
Una tranquilla notte nel giardino di San Diego, un telescopio puntato sulla galassia Vortice (Messier 101), e una domanda ingenua ma profonda: “La luce non si stanca durante un viaggio così lungo?” Così ha chiesto Cristina, osservando con il marito astrofisico una fotografia spaziale appena arrivata sul tablet. Quella luce aveva viaggiato 25 milioni di anni – pari a circa 150 quintilioni di chilometri – per raggiungere quel piccolo angolo del pianeta Terra.
Da qui nasce una delle riflessioni più affascinanti sulla natura della luce, la sua velocità e il suo rapporto con spazio e tempo.
La luce non ha massa: ecco perché non rallenta
La luce è una radiazione elettromagnetica, composta da un’onda elettrica e una magnetica che si propagano nello spazio-tempo. La sua caratteristica più importante? Non ha massa. Questo le consente di raggiungere la velocità massima consentita nell’universo: circa 300.000 chilometri al secondo, cioè quasi 10 trilioni di chilometri all’anno.
Ogni volta che vediamo la luce di una stella o di una galassia lontana, stiamo osservando il passato: la luce del Sole ci impiega circa 8 minuti per arrivare, mentre quella di Alpha Centauri impiega oltre 4 anni. Eppure, nonostante queste distanze colossali, la luce mantiene la sua energia – almeno in gran parte.
Lo spazio è vuoto… e la luce non ha ostacoli
La ragione è più semplice di quanto si pensi: lo spazio è quasi completamente vuoto. Non ci sono particelle, atomi o corpi con cui la luce possa interagire frequentemente. Quando una particella di luce, chiamata fotone, viaggia in linea retta nel vuoto, non viene rallentata né frenata da attrito o da collisioni. Non c’è nulla che la fermi.
Solo in rare occasioni – per esempio quando incontra polvere interstellare o gas cosmico – il fotone può venire disperso e perdere parte della sua energia. Ma se attraversa lo spazio senza ostacoli, mantiene tutta la sua energia iniziale, anche per milioni o miliardi di anni luce.
Il tempo dal punto di vista della luce: si ferma
Qui entra in gioco uno dei concetti più straordinari della relatività di Einstein: la dilatazione temporale. Quando si viaggia a velocità vicine a quella della luce, il tempo rallenta. Se si potesse viaggiare alla velocità della luce, il tempo si fermerebbe completamente dal punto di vista del viaggiatore.
Immagina di “sederti” su un fotone emesso da una stella nella galassia Vortice: per te, il fotone, non esiste alcun intervallo di tempo tra il momento dell’emissione e quello in cui colpisci il sensore del telescopio. È come se il viaggio non avvenisse affatto, perché tutto accade nello stesso istante.
Inoltre, la distanza nello spazio – sempre secondo la relatività – si accorcia alla velocità della luce. Quindi, dal punto di vista del fotone, non c’è alcuna distanza da coprire: il luogo di partenza e quello di arrivo coincidono.
Una luce che viaggia nel tempo e nello spazio
Questa è la meraviglia della fisica moderna: un fotone partito 25 milioni di anni fa da una stella lontana può raggiungere perfettamente il nostro telescopio oggi, senza mai essere stato “stanco”, senza aver perso la sua potenza, perché per lui il tempo non è mai passato.
E mentre sulla Terra, nel nostro tempo umano, quel viaggio è durato un quarto di cento milioni di anni, per la luce non è durato neanche un attimo.
Un viaggio che inizia e finisce nello stesso istante
Così, quella luce ha attraversato il vuoto siderale, ignorando il tempo, ignorando la distanza, e ha colpito il sensore del telescopio nello stesso istante in cui era nata, almeno dal punto di vista del fotone.
Una fotografia astronomica non è solo un’immagine: è la testimonianza di un viaggio cosmico in cui lo spazio si è compresso e il tempo si è fermato. Ed è anche il punto di partenza per conversazioni profonde, come quella tra un astrofisico e la donna che, guardando il cielo, ha posto la domanda più giusta:
“Ma la luce… non si stanca mai?”.