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L’evoluzione dell’odore di morte: come le piante attirano le mosche

By Mirko Rossi
Published 12 Maggio 2025
3 Min Read
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L’illusione olfattiva: quando le piante odorano di carne in putrefazione

In alcune foreste dell’Asia orientale, si nasconde un segreto putrescente: fiori che ingannano il naso umano con un aroma che richiama carogne in decomposizione. Queste piante maleodoranti non stanno marcendo: sono il frutto di un raffinato inganno evolutivo. I generi Eurya, Asarum e Symplocarpus hanno sviluppato indipendentemente un meccanismo biochimico per emettere un fetore analogo a quello dei cadaveri, al solo scopo di attrarre mosche impollinatrici.

 

Il trucco genetico dietro la puzza

Grazie a mutazioni genetiche selezionate evolutivamente, queste piante hanno modificato un gene chiamato SBP1, responsabile della produzione di un enzima che normalmente serve a degradare il metantiolo, un composto solforato dall’odore pungente. In condizioni standard, questo enzima scompone il metantiolo in sostanze come formaldeide, perossido di idrogeno e solfuro di idrogeno.

 

Ma in queste specie vegetali, il gene SBP1 è stato duplicato — un fenomeno evolutivo piuttosto comune — e poi mutato. I cambiamenti hanno portato alla produzione di disolfuro di dimetile, una molecola molto più maleodorante che mima alla perfezione l’odore della decomposizione organica. In particolare, Symplocarpus renifolius, noto anche come cavolfiore puzzolente, ha ottenuto questo risultato con soli due cambiamenti aminoacidici, mentre Eurya japonica e Asarum simile hanno richiesto tre mutazioni.

 

La convergenza evolutiva delle piante necrofiliache

Nonostante la distanza genetica tra questi generi, tutte hanno trovato lo stesso stratagemma molecolare per ottenere un vantaggio ecologico cruciale: attirare mosche. Questo tipo di convergenza evolutiva dimostra come la selezione naturale possa spingere in maniera indipendente diverse linee evolutive verso la stessa soluzione biochimica.

 

Gli scienziati giapponesi che hanno condotto lo studio, pubblicato l’8 maggio su Science (https://www.science.org), hanno utilizzato tecniche di genetica molecolare e biochimica per analizzare come queste modifiche permettano la produzione della molecola puzzolente.

 

Odori terrestri e vita extraterrestre

Il disolfuro di dimetile, oltre a evocare immagini terrene di letame e carogne, ha persino un ruolo nella ricerca della vita aliena. È stato infatti identificato tra i composti chimici nell’atmosfera dell’esopianeta K2 18b, osservato dal telescopio spaziale James Webb.

 

Il fatto che tra le specie di Asarum questo tratto si sia evoluto e perso almeno 18 volte, suggerisce che la capacità di produrre questo fetore rappresenti una forte pressione selettiva. Le piante che riescono a produrlo riescono anche ad attrarre più facilmente insetti impollinatori, ottenendo un vantaggio riproduttivo.

 

L’evoluzione attraverso i geni duplicati

Questo fenomeno mette in luce una dinamica genetica centrale nell’evoluzione: la duplicazione genica. Quando un gene viene copiato, la versione “di riserva” può accumulare mutazioni senza mettere a rischio la funzione originaria, aprendo la strada all’innovazione evolutiva. Lo stesso principio ha permesso, ad esempio, al papavero da oppio di evolvere la capacità di produrre morfina.

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