Origine storica del segnale di fumo nella Cappella Sistina
Durante il Conclave, la cerimonia che porta all’elezione del nuovo Papa, il mondo intero rivolge gli occhi verso un dettaglio tanto scenografico quanto ricco di significato: il fumo che esce dal camino temporaneo della Cappella Sistina. Questo simbolico rituale ha radici che risalgono all’Ottocento, ma fu solo a partire dal Conclave del 1914 (elezione di Benedetto XV) che vennero impiegati fumogeni di colore differente per indicare con chiarezza l’esito delle votazioni.
Il sistema tradizionale prevedeva inizialmente soltanto il colore nero per indicare l’esito negativo del voto. Col tempo, la chimica è entrata in gioco per fornire un codice visivo più efficace, affiancando al fumo nero la celebre fumata bianca e, per un breve periodo, anche una fumata gialla.
Fumata nera: la chimica del “non eletto”
Ogni qualvolta i cardinali elettori non raggiungono i due terzi dei voti necessari per proclamare un nuovo Pontefice, le schede votate vengono bruciate assieme a tre sostanze chimiche che generano fumo nero:
- Perclorato di potassio (KClO₄): un potente ossidante che facilita la combustione;
- Antracene (C₁₄H₁₀): un idrocarburo aromatico solido che produce un fumo denso e scuro;
- Zolfo (S): noto per la sua combustione che genera fumi irritanti e dal caratteristico odore acre.
Questa combinazione garantisce una visibilità scura e inequivocabile per segnalare che non è ancora stato scelto un Papa.
Fumata bianca: l’annuncio dell’elezione
Quando finalmente si raggiunge il quorum, la fumata bianca annuncia al mondo intero che Habemus Papam. Per generarla, le schede votate vengono bruciate insieme a una miscela diversa, composta da:
- Clorato di potassio (KClO₃): un forte ossidante simile al perclorato;
- Lattosio (C₁₂H₂₂O₁₁): lo zucchero del latte, che bruciando produce fumo chiaro;
- Colofonia (o resina): una resina naturale ottenuta dai pini, che brucia con una fiamma brillante e fumo bianco.
Questi elementi, combinati, producono una densa colonna di fumo bianco che si leva nel cielo di Roma, seguita immediatamente dal suono delle campane di San Pietro e dall’annuncio del nuovo Papa da parte del Protodiacono.
Il fumo segreto: la fumata gialla
Durante alcuni conclavi del passato, esisteva anche una fumata gialla, oggi non più utilizzata. Questo terzo tipo di fumo veniva impiegato esclusivamente a fini tecnici, per testare la stufa e verificare il corretto funzionamento del camino temporaneo.
La fumata gialla non aveva dunque alcun valore comunicativo ufficiale legato all’esito del Conclave, ma serviva a garantire che i segnali futuri fossero ben visibili e privi di ambiguità.
Un aggiornamento tecnologico: due stufe, una certezza
Dal Conclave del 2005, il sistema è stato modernizzato. Alla tradizionale stufa del 1939, è stata affiancata una seconda, dotata di un generatore elettronico di fumo colorato. L’obiettivo era quello di eliminare ogni possibilità di dubbio, come accadde ad esempio nel 1958, quando alcuni spettatori interpretarono erroneamente una fumata come bianca.
Grazie alla chimica di precisione e a un impianto tecnico più sofisticato, oggi la comunicazione visiva del Conclave è inequivocabile, e il rituale continua a trasmettere, con forza simbolica e rigore scientifico, il momento più solenne della Chiesa cattolica.
