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Scoperta la proteina dei tardigradi che protegge il DNA nello spazio

By Mirko Rossi
Published 8 Aprile 2025
3 Min Read
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La sorprendente resistenza dei tardigradi all’ambiente spaziale

Alla Conferenza Lunar e Planetary Science 2025, tenutasi dal 10 al 14 marzo a The Woodlands, in Texas, uno studio firmato da Isadora Arantes, ambasciatrice NASA e candidata astronauta, insieme al Prof. Geancarlo Zanatta dell’Università Federale di Rio Grande do Sul, ha messo in luce il potenziale dei tardigradi come modelli per la sopravvivenza umana nello spazio.

 

Questi microscopici invertebrati, noti anche come orsi d’acqua, riescono a tollerare condizioni estreme come temperature tra -271°C e +150°C, pressioni superiori a 1.200 atmosfere, disidratazione e radiazioni ionizzanti. Una capacità straordinaria che li rende oggetti d’interesse fondamentale per la ricerca astrobiologica.

 

Dsup: la proteina che protegge il genoma nelle condizioni più estreme

Al centro dello studio c’è Dsup (Damage Suppressor), una proteina protettiva capace di creare uno scudo molecolare attorno al DNA, limitando i danni da radiazioni e riducendo la possibilità di rotture a doppio filamento. Attraverso simulazioni molecolari con il software Gromacs, il team ha mostrato che Dsup contribuisce in modo diretto alla stabilità genomica dissipando l’energia delle radiazioni.

 

A questa si aggiungono le proteine da shock termico (HSPs), che aiutano a conservare la forma funzionale delle proteine anche in caso di esposizione al calore estremo, e gli enzimi antiossidanti, in grado di contrastare lo stress ossidativo generato da alte pressioni e raggi cosmici.

 

Vita extraterrestre: gli orsi d’acqua indicano le condizioni possibili

Secondo i ricercatori, l’adattabilità dei tardigradi offre spunti concreti per ipotizzare la presenza di vita su corpi celesti come Marte, con il suo ambiente radioattivo e l’acqua liquida temporanea, oppure sulle lune ghiacciate Europa e Titano, dove si sospetta la presenza di oceani sotterranei e condizioni criogeniche.

 

L’articolo sottolinea come, in ambienti simili a quelli di Titano, alcune proteine dei tardigradi mantengano la loro funzionalità in miscele di acqua e ammoniaca, facendo intravedere la possibilità concreta di forme di vita adattate a contesti estremi.

 

Dall’astrobiologia alla biotecnologia terrestre

Oltre allo spazio, lo studio apre scenari promettenti anche in ambito biotecnologico. Le caratteristiche molecolari dei tardigradi potrebbero contribuire a rafforzare la resistenza umana a condizioni estreme, proteggere cellule dal freddo intenso, oppure permettere di ingegnerizzare colture agricole capaci di sopravvivere in ambienti aridi e ostili.

 

Arantes e Zanatta sottolineano l’importanza di approcci integrati, che uniscano analisi computazionali e sperimentazione, per decifrare in modo più completo i meccanismi evolutivi alla base di tale resistenza, fondamentali non solo per la sopravvivenza nello spazio, ma anche per affrontare le sfide ambientali sul nostro pianeta.

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