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Scoperta la causa biologica delle esperienze di pre-morte

By Mirko Rossi
Published 3 Aprile 2025
3 Min Read
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Un modello scientifico svela cosa accade al cervello nei momenti critici

La sensazione di lasciare il proprio corpo, la visione di una luce intensa o l’incontro con entità ultraterrene non sarebbero semplici allucinazioni. Un recente studio pubblicato su Nature Reviews Neurology propone un’interpretazione completamente nuova delle esperienze di pre-morte, o NDE (Near-Death Experiences), individuandone le basi neurobiologiche ed evolutive.

 

Il modello NEPTUNE: la chiave per comprendere le NDE

Gli autori dello studio hanno sviluppato un approccio teorico chiamato NEPTUNE, acronimo di Neurophysiological-Evolutionary Psychological Theory for Understanding Near-Death Experiences. Secondo questa teoria, le NDE non sono illusioni casuali, ma risposte cerebrali sistemiche e coordinate a un pericolo imminente, come un arresto cardiaco o una grave crisi metabolica.

 

Quando il cervello entra in acidosi cerebrale a causa del calo dell’ossigeno e dell’aumento della CO₂, si innesca una iperattività neuronale nelle aree temporoparietale e occipitale, responsabile di percezioni fuori dall’ordinario. Questo squilibrio biochimico stimola il rilascio di neurotrasmettitori come serotonina, dopamina, endorfine e GABA, creando un’esperienza intensa e vivida.

 

Perché il cervello produce allucinazioni così complesse?

La spiegazione non è solo biochimica. Secondo il team di ricerca, il cervello potrebbe attivare queste reazioni come strategia di sopravvivenza evolutiva. Quando la fuga o la lotta non sono più possibili, l’organismo entra in uno stato dissociativo: la mente si concentra su fantasie interiori come forma di protezione psicologica estrema. Questo meccanismo spiegherebbe la frequente comparsa di euforia, calma profonda e visioni ultraterrene.

 

Il legame con il sogno e la dissociazione

Alcuni soggetti sembrano essere più predisposti a vivere NDE. Le ricerche evidenziano una correlazione con la propensione alla dissociazione mentale, alla fantasia intensa e alla fase REM intrusiva, cioè l’attività onirica che invade lo stato di veglia. Questi individui mostrano una maggiore attivazione cerebrale visiva e sensoriale anche in condizioni estreme, facilitando le esperienze fuori dal corpo e la percezione alterata della realtà.

 

Interrogativi ancora aperti

Sebbene il modello NEPTUNE offra una visione scientificamente coerente, molti interrogativi restano senza risposta. Non è ancora chiaro quali combinazioni esatte di fattori siano necessarie e sufficienti per scatenare una NDE. Inoltre, rimangono non spiegati alcuni aspetti più misteriosi, come le sensazioni di precognizione riportate da molti sopravvissuti.

 

Lo studio segna però un importante passo verso la comprensione di uno dei fenomeni più affascinanti e discussi della coscienza umana, aprendo nuove prospettive sulla relazione tra mente, cervello e sopravvivenza.

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