Introduzione alla situazione attuale dell’influenza aviaria H5N1 nei bovini
Nell’ambito delle più recenti ricerche presentate al World Vaccine Congress di Washington il 23 aprile 2025, si è discusso del comportamento del virus H5N1 nelle mucche da latte. Nonostante la preoccupazione generata dalla scoperta del virus nel latte vaccino lo scorso anno, i dati attuali mostrano che l’influenza aviaria non ha ancora sviluppato una capacità di trasmissione efficiente tra esseri umani.
Le analisi, condotte presso istituzioni come la Cornell University a Ithaca, New York, indicano che, sebbene il virus riesca a replicarsi in modo estremamente efficiente nelle ghiandole mammarie bovine, non ha subito mutazioni che ne facilitino il passaggio tra persone.
La replicazione del virus nelle ghiandole mammarie bovine
Uno degli aspetti più sorprendenti è la capacità del virus H5N1 di crescere a livelli altissimi nelle cellule delle mammelle delle mucche. Questa efficienza è dovuta al fatto che le molecole di zucchero e l’acido sialico presenti nelle ghiandole bovine imitano perfettamente quelle riscontrate negli uccelli, rendendo il bovino un ospite permissivo per il virus.
Un esperto del Centro Collaboratore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha illustrato che questa abbondanza virale potrebbe rappresentare un vantaggio per l’uomo: senza la pressione di dover mutare per adattarsi ai recettori umani, l’H5N1 rimane, almeno per ora, “bloccato” in una forma meno pericolosa per la nostra specie.
I rischi potenziali e la situazione negli Stati Uniti
Nonostante la relativa tranquillità odierna, il rischio di una futura mutazione rimane. Il contatto diretto con animali infetti o latte contaminato potrebbe aumentare la probabilità che l’influenza aviaria adatti le sue capacità di trasmissione.
Negli Stati Uniti, sono stati registrati 70 casi umani di infezione da H5N1, di cui 41 attribuiti al contatto con mandrie da latte. Un decesso è stato confermato, anche se la trasmissione è avvenuta tramite il contatto con pollame domestico e uccelli selvatici, piuttosto che con i bovini.
Due diverse varianti del virus hanno infettato il bestiame americano, e infezioni sono state osservate anche in mammiferi marini come delfini e focene. Tuttavia, secondo i ricercatori, questa ampia diffusione sembra più legata all’elevatissima circolazione del virus che non a nuove caratteristiche di adattamento del ceppo.
Contesto scientifico e considerazioni future
Gli scienziati sottolineano come il virus, pur infettando nuove specie, non mostri ancora caratteristiche evolutive finalizzate all’adattamento umano. La crescita “esagerata” del virus negli ospiti attuali, sia volatili che mammiferi, mantiene comunque alta la sorveglianza globale.
Le analisi future dovranno continuare a monitorare la situazione, come ribadito da diversi centri di eccellenza nella ricerca virologica, tra cui il CDC americano e la World Health Organization. La pressione virale continua, e un’eventuale mutazione favorevole alla trasmissione tra esseri umani potrebbe cambiare rapidamente lo scenario attuale.