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Il mistero dei satelliti Starlink persi: colpa del Sole o di un “Terminator”?

By Stefania Romano
Published 25 Aprile 2025
4 Min Read
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Una perdita spaziale mai del tutto spiegata

Il 3 Febbraio 2022, SpaceX ha lanciato 49 satelliti Starlink in orbita terrestre bassa. Tuttavia, appena qualche giorno dopo, la maggior parte di essi è precipitata sulla Terra, in particolare nella regione dei Caraibi. All’epoca, l’azienda fondata da Elon Musk attribuì il disastro a una modesta tempesta geomagnetica. Ma nuove ricerche indicano che potrebbe esserci stato un fenomeno solare più profondo e misterioso all’origine del fallimento.

 

Atmosfera terrestre: un confine invisibile e letale

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’atmosfera terrestre non finisce bruscamente, ma si estende gradualmente nello spazio. Nonostante la sua bassa densità, durante un evento geomagnetico si può verificare un’espansione notevole dei suoi strati superiori. Il riscaldamento atmosferico aumenta la resistenza aerodinamica sui satelliti in orbita bassa, riducendone la velocità. Questo effetto li fa precipitare verso l’atmosfera più densa, dove finiscono per bruciare a causa dell’attrito.

 

In quel periodo, si verificò effettivamente una serie di piccole tempeste geomagnetiche, ma molti esperti hanno sollevato dubbi sul fatto che queste siano state le vere responsabili. Alcune delle tempeste si manifestarono dopo che i satelliti erano già stati persi, suggerendo una causa più profonda.

 

Il “Terminator” solare: un evento ciclico ma poco compreso

La chiave del mistero potrebbe risiedere nel cosiddetto evento “Terminator”, descritto dagli scienziati del Centro Nazionale per la Ricerca Atmosferica (NCAR), tra cui Scott McIntosh. Il Sole attraversa un ciclo di 11 anni di attività – il ben noto ciclo solare – che culmina in un massimo solare. Ma c’è anche un ciclo magnetico di 22 anni, noto come ciclo di Hale, in cui il campo magnetico del Sole si inverte due volte.

 

Durante questo ciclo, bande magnetiche – spesso visualizzate come “ciambelle magnetiche” – si formano attorno ai 55° di latitudine solare e si spostano lentamente verso l’equatore. Quando si incontrano, si annullano a vicenda, provocando un brusco cambiamento chiamato evento terminatore.

 

Secondo McIntosh, l’evento terminatore del dicembre 2021 – poco prima del lancio Starlink – avrebbe generato un aumento energetico e magnetico nell’atmosfera superiore della Terra, alterandone la densità e provocando condizioni inaspettatamente ostili per i satelliti appena lanciati. Questa teoria suggerisce che le tempeste geomagnetiche sono solo sintomi secondari di un processo più vasto e complesso.

 

Una previsione alternativa: il massimo solare è arrivato prima

Il modello di McIntosh e del suo team sfidava le previsioni ufficiali della NASA e NOAA, che indicavano un massimo solare debole e atteso nel 2024. Al contrario, il loro modello, basato sull’evento “Terminator”, prevedeva un ciclo attivo, con un picco anticipato e oltre 210 macchie solari. Questa previsione si è rivelata sorprendentemente accurata: il picco è arrivato nell’ottobre 2024, con 216 macchie solari registrate.

 

Questo ha messo in discussione i modelli precedenti di previsione solare e ha posto l’evento “Terminator” al centro della comprensione dei cicli solari e delle loro ripercussioni sulla tecnologia umana in orbita.

 

Le domande ancora aperte

Mentre continuiamo a lanciare satelliti sempre più sofisticati, la sfida di comprendere la dinamica atmosferica influenzata dall’attività solare si fa sempre più cruciale. Il caso Starlink del 2022 potrebbe essere stato il primo campanello d’allarme di un fenomeno ciclico ancora poco studiato, ma con impatti devastanti.

 

Nel frattempo, Elon Musk e SpaceX dovranno considerare anche questi eventi solari rari ma potenti nei futuri piani di lancio, perché a quanto pare, non è stato un robot venuto dal futuro, ma il “Terminator” del Sole a colpire questa volta.

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