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Terremoto in Malesia e Myanmar: cosa sapere sul sisma che ha devastato la regione

By Sabrina Verdi
Published 30 Marzo 2025
4 Min Read
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Contents
Una faglia pericolosa: la SagaingUn terremoto di tipo strike-slipPerché è stato così devastante?Gli effetti collaterali: liquefazione e franeUn pericolo già notoUn confine di placche instabileUna storia sismica lunga e drammaticaI soccorsi tra sfide e urgenzeUn campanello d’allarme per la regione

Il violento terremoto di magnitudo 7.7 che ha colpito il 28 marzo la zona al confine tra Malesia e Myanmar ha lasciato dietro di sé un panorama di devastazione. Almeno 144 persone hanno perso la vita, con danni diffusi che hanno colpito anche la vicina Thailandia. A rendere ancora più drammatica la situazione è stata una scossa di assestamento di magnitudo 6.4 sopraggiunta appena dieci minuti dopo.

Una faglia pericolosa: la Sagaing

L’evento sismico è avvenuto lungo la Faglia di Sagaing, una linea di rottura tettonica ben nota per la sua pericolosità. Estendendosi da nord a sud attraverso il Myanmar centrale e sfiorando la penisola malese, questa faglia è responsabile di numerosi terremoti nel corso della storia recente.

Un terremoto di tipo strike-slip

Il sisma del 28 marzo è stato classificato come un terremoto strike-slip, ovvero causato dallo scivolamento laterale di due blocchi di crosta terrestre. Questo tipo di movimento, sebbene apparentemente meno spettacolare, può generare onde sismiche devastanti quando i blocchi si bloccano per poi liberarsi bruscamente.

Perché è stato così devastante?

Ci sono tre elementi chiave che spiegano l’enorme impatto del sisma:

  1. Profondità superficiale: l’epicentro si trovava a soli 10 chilometri di profondità, rendendo le scosse molto più intense in superficie.
  2. Area densamente popolata: la zona colpita è fortemente urbanizzata, con infrastrutture vulnerabili che hanno ceduto sotto la pressione del sisma.
  3. Magnitudo elevata: con un’intensità di 7.7, l’energia sprigionata è stata sufficiente a distruggere edifici e provocare il crollo di ponti e dighe.

Gli effetti collaterali: liquefazione e frane

In molte aree colpite si è osservato un fenomeno noto come liquefazione del terreno. Questa condizione si verifica quando il suolo saturo d’acqua perde temporaneamente la sua consistenza solida a causa delle onde sismiche, trasformandosi in una sorta di sabbie mobili.

Un pericolo già noto

La liquefazione non è nuova nella regione: già in passato ha contribuito ad aumentare il bilancio delle vittime in occasione di altri grandi terremoti. Le frane causate dal cedimento del terreno hanno spesso isolato intere comunità, rendendo complicato l’arrivo dei soccorsi.

Un confine di placche instabile

L’area colpita è una zona di confine tra la placca tettonica indiana e quella di Sunda. La placca indiana si muove verso nord, strusciando lateralmente contro la placca di Sunda. Questo attrito tettonico genera periodicamente forti terremoti.

Una storia sismica lunga e drammatica

Tra il 1930 e il 1956, ben sei terremoti di magnitudo superiore a 7 si sono verificati lungo la Faglia di Sagaing, causando centinaia di morti. Tra gli eventi più gravi ricordiamo quello del 1990 (magnitudo 7.0) e del 1912 (magnitudo 7.9).

I soccorsi tra sfide e urgenze

Subito dopo il sisma, squadre di soccorso internazionali si sono attivate per valutare i danni e fornire assistenza. La Croce Rossa ha espresso preoccupazione per lo stato delle infrastrutture pubbliche, in particolare le dighe, che se danneggiate potrebbero rappresentare un ulteriore pericolo per le popolazioni locali.

Un campanello d’allarme per la regione

Questo terremoto rappresenta un ennesimo monito sulla vulnerabilità sismica del sud-est asiatico. Le autorità locali e internazionali dovranno ora affrontare ricostruzione, messa in sicurezza del territorio e prevenzione futura, in una zona che resta ad alto rischio geologico.

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