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Scoperta rivoluzionaria: ormoni naturali potrebbero rallentare l’invecchiamento della pelle

By Mirko Rossi
Published 26 Marzo 2025
4 Min Read
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La pelle come specchio del tempo e organo endocrino attivo

Il processo di invecchiamento non si limita solo ai cambiamenti interni dell’organismo, ma si manifesta con chiarezza sulla pelle, rendendola una delle superfici più visibili del tempo che passa. A marcare il passaggio degli anni non sono soltanto le rughe sottili, l’assottigliamento cutaneo o la perdita di elasticità, ma anche gli effetti di fattori ambientali come le radiazioni ultraviolette, l’inquinamento e lo stress ossidativo. La combinazione tra invecchiamento intrinseco ed estrinseco può compromettere anche la funzione protettiva della pelle, aumentando il rischio di lesioni e infezioni cutanee.

 

Ma una nuova ricerca internazionale, guidata dal professor Markus Böhm dell’Università di Münster, apre una prospettiva affascinante e finora poco esplorata: gli ormoni come strumenti per combattere i segni visibili del tempo.

 

Oltre il retinolo: una miriade di ormoni con potenziale ringiovanente

Secondo i risultati pubblicati sulla rivista Endocrine Reviews, una vasta gamma di ormoni e sostanze chimiche endogene mostra un potenziale terapeutico significativo contro i fenomeni dell’invecchiamento cutaneo. Mentre fino ad oggi l’intervento ormonale si è concentrato soprattutto su estrogeni e retinoidi topici (come retinolo e tretinoina), lo studio rivela che numerosi altri ormoni potrebbero intervenire in modo diretto sulla struttura e funzione della pelle.

 

La pelle come ghiandola endocrina diffusa

Gli scienziati sottolineano come la pelle stessa non sia soltanto un bersaglio per ormoni, ma rappresenti anche un vero e proprio organo endocrino, capace di sintetizzare e secernere molecole attive, influenzando in modo autonomo percorsi biologici complessi. Ogni follicolo pilifero, spiegano, si comporta come un micro-organo neuroendocrino, suggerendo che l’interazione tra ormoni e pelle sia più profonda e dinamica di quanto finora ipotizzato.

 

Ormoni sotto la lente: melatonina, α-MSH, ossitocina ed endocannabinoidi

Tra i protagonisti dello studio spiccano alcuni ormoni chiave. La melatonina, in particolare, si distingue per la sua azione antiossidante e anti-infiammatoria, per la capacità di proteggere il DNA dai danni ossidativi e per il ruolo nella regolazione del metabolismo mitocondriale. Trattandosi di una molecola piccola, economica e ben tollerata, gli esperti ne riconoscono un potenziale clinico significativo.

 

Altri attori importanti includono l’α-MSH (ormone stimolante gli alfa-melanociti), che esercita effetti citoprotettivi e riduce l’impatto dei raggi UV, l’ossitocina, nota per i suoi effetti sul benessere psicofisico, e gli endocannabinoidi, che interagiscono con il sistema endocannabinoide cutaneo, influenzando infiammazione, pigmentazione e rigenerazione cellulare.

 

Anche i modulatori del recettore attivato dai proliferatori dei perossisomi (PPAR) hanno mostrato proprietà rigenerative, aprendo la strada a nuove strategie anti-età.

 

Rigenerazione, pigmentazione e staminali: le tre vie dell’anti-aging ormonale

Il team di ricerca guidato da Böhm ha individuato tre percorsi principali attraverso cui gli ormoni influenzano l’invecchiamento della pelle: la degradazione del tessuto connettivo (causa delle rughe), la perdita della pigmentazione (che contribuisce alla comparsa dei capelli bianchi) e la sopravvivenza delle cellule staminali cutanee, essenziali per la rigenerazione epidermica.

 

Lo studio evidenzia che, intervenendo su questi meccanismi attraverso modulazioni ormonali mirate, sarebbe possibile rallentare o addirittura invertire alcuni aspetti dell’invecchiamento visibile.

 

Nuovi orizzonti per la dermatologia anti-età

Grazie a un’analisi approfondita della letteratura scientifica esistente, i ricercatori hanno tracciato una mappa completa delle interazioni ormonali che influenzano il declino cutaneo legato all’età. Questo lavoro apre la strada allo sviluppo di nuovi trattamenti clinici che potrebbero agire alla radice del processo di invecchiamento, anziché limitarsi a mascherarne gli effetti estetici.

 

Secondo Böhm, sarà fondamentale approfondire la comprensione di questi ormoni e dei loro recettori, per progettare interventi mirati e sicuri, capaci di valorizzare la funzione endocrina della pelle stessa.

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