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L’inquinamento atmosferico e il legame con l’Alzheimer: una nuova scoperta potrebbe offrire una soluzione

By Stefania Romano
Published 6 Marzo 2025
4 Min Read
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Un collegamento inaspettato tra aria inquinata e perdita di memoria

L’associazione tra inquinamento atmosferico e malattie polmonari è ben documentata, ma il rapporto tra l’esposizione a tossine presenti nell’aria e il deterioramento cognitivo rimane meno evidente. Tuttavia, un team di scienziati dello Scripps Research Institute ha dimostrato come gli inquinanti presenti nello smog, nei pesticidi e in altre sostanze chimiche possano influenzare direttamente il cervello. Lo studio, pubblicato nei Proceedings of the National Academy of Sciences, ha individuato anche un possibile modo per invertire gli effetti dannosi di queste sostanze.

 

Come l’inquinamento colpisce il cervello

Il processo biochimico noto come S-nitrosilazione è al centro della scoperta. Questa reazione chimica, innescata da infiammazioni e da una vasta gamma di agenti inquinanti, impedisce alle cellule cerebrali di formare nuove connessioni, accelerando la loro degenerazione e contribuendo così alla perdita di memoria. Gli scienziati hanno scoperto che bloccando la S-nitrosilazione su una specifica proteina cerebrale è possibile ridurre significativamente i danni cognitivi nei modelli murini affetti da morbo di Alzheimer.

 

Lo studio guidato da Stuart Lipton, neuroscienziato dello Scripps, ha svelato nei dettagli come gli inquinanti atmosferici possano favorire lo sviluppo di malattie neurodegenerative. “Comprendere il meccanismo molecolare con cui queste sostanze nocive contribuiscono alla perdita di memoria potrebbe aprire la strada a nuove terapie per trattare in modo più efficace il morbo di Alzheimer“, ha dichiarato Lipton in un comunicato ufficiale.

 

Il ruolo della chimica cerebrale nella degenerazione cognitiva

Lipton e il suo team hanno identificato la S-nitrosilazione oltre vent’anni fa. Questo processo coinvolge una molecola derivata dall’ossido nitrico (NO) che si lega agli atomi di zolfo (S) presenti nelle proteine, alterandone la funzione. Sebbene il corpo produca naturalmente NO in risposta a stimoli elettrici o infiammazioni, la sua presenza eccessiva, innescata dagli inquinanti atmosferici, può provocare danni irreversibili.

 

In studi precedenti, gli scienziati avevano già evidenziato il coinvolgimento della S-nitrosilazione in patologie come alcune forme di cancro, autismo e Alzheimer. Il nuovo studio ha permesso di approfondire il suo impatto sulle proteine responsabili della formazione delle connessioni neurali, fondamentali per la memoria. Gli esperimenti hanno dimostrato che l’eccesso di NO altera il funzionamento di proteine chiave, compromettendo il processo di apprendimento e memoria.

 

Per contrastare questi effetti, il team ha sviluppato una proteina modificata in grado di resistere alla S-nitrosilazione, testandola prima in vitro e poi su modelli murini. “Abbiamo osservato una quasi completa ripresa delle funzioni molecolari coinvolte nella creazione di nuovi ricordi”, ha spiegato Lipton. “Ciò suggerisce che questa potrebbe essere una strategia efficace per il trattamento del morbo di Alzheimer e di altre patologie neurodegenerative”.

 

Un passo avanti nella lotta all’Alzheimer

Numerosi studi hanno già dimostrato che l’esposizione a tossine ambientali porta a un aumento dei livelli di ossido nitrico nel cervello. Questo nuovo lavoro rafforza l’ipotesi che l’inquinamento atmosferico possa accelerare l’invecchiamento cerebrale attraverso la S-nitrosilazione, favorendo lo sviluppo del morbo di Alzheimer. Intervenire per prevenire questo processo chimico potrebbe rappresentare una nuova strategia per proteggere il cervello dai danni neurodegenerativi.

 

Attualmente, il team di ricerca è impegnato nello sviluppo di farmaci mirati per bloccare le reazioni dannose della S-nitrosilazione, aprendo una nuova speranza nella lotta contro l’Alzheimer e altre malattie neurologiche.

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