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Grasso di manzo: tra moda culinaria, mito salutista e verità scientifica

By Stefania Romano
Published 26 Marzo 2025
6 Min Read
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Che cos’è davvero il grasso di manzo?
Il grasso di manzo, noto anche come sego o in alcuni contesti anglosassoni come beef dripping, è una sostanza grassa ricavata dal tessuto adiposo dei bovini, in particolare dal suet, ossia la parte più solida che circonda reni e lombi. Questo tipo di grasso, una volta sciolto, viene filtrato e lasciato raffreddare fino a ottenere una massa solida di colore biancastro. Ha una consistenza simile allo strutto ed è stato per secoli protagonista delle cucine tradizionali, specialmente nel Regno Unito, dove è storicamente utilizzato per friggere, arrostire patate e preparare pasticci salati.

 

Oltre alla cucina, il grasso di manzo è stato impiegato per fare candele, saponi e persino come prodotto idratante per la pelle, una tendenza che sta riemergendo con l’avvento delle skincare “naturali” e delle mode lanciate da influencer su Instagram e TikTok.

 

Perché oggi tutti parlano del grasso di manzo?
Quello che fino a poco tempo fa sembrava un retaggio delle cucine dei nonni, sta vivendo una sorprendente riscoperta. La rinascita di questo ingrediente è strettamente legata alla revisione culturale della percezione dei grassi nella dieta moderna. Negli anni ’60 e ’70, in piena campagna pro-diete a basso contenuto di grassi, il grasso di manzo fu emarginato, accusato insieme a burro e strutto di essere il responsabile delle malattie cardiovascolari.

 

Oggi, tuttavia, si sta rivalutando il ruolo dei grassi saturi all’interno di un’alimentazione equilibrata. Questa contro-narrazione, alimentata anche da personaggi pubblici come Robert F. Kennedy Jr, ha reso il grasso di manzo una sorta di simbolo di ribellione alimentare. In un post pubblicato sul suo profilo social, Kennedy ha dichiarato che la qualità del cibo americano era migliore quando tutto veniva fritto nel grasso animale, attribuendo il peggioramento della salute pubblica all’introduzione degli oli vegetali industriali.

 

Il ritorno del grasso animale: benessere o nostalgia?
Molti sostenitori del grasso di manzo lo esaltano per la sua naturalità e per il fatto che, a differenza di molti oli di semi, non è altamente processato. In più, la sua composizione comprende grassi insaturi, acido stearico e vitamine liposolubili come la vitamina A, D, E e K, che hanno sicuramente un ruolo nel metabolismo umano.

 

Tuttavia, gli esperti in nutrizione, come il Dr. Christopher Gardner della Stanford University, mettono in guardia contro un eccesso di semplificazione. Demonizzare indiscriminatamente gli oli di semi, come l’olio di girasole, l’olio di colza o l’olio di mais, è una scelta spesso più ideologica che scientifica. Questi oli contengono acidi grassi omega-6, che sono essenziali, sebbene necessitino di essere bilanciati con gli omega-3.

 

Il problema sollevato da alcuni nutrizionisti non risiede tanto nell’olio in sé, quanto nel fatto che questi grassi si trovano in grande quantità negli alimenti ultra-processati, ricchi anche di sodio, zuccheri raffinati e conservanti. È quindi il contesto nutrizionale complessivo ad avere un impatto negativo, non il singolo ingrediente.

 

Grasso di manzo contro oli vegetali: un falso duello
Secondo Rebecca Kerber, dietista clinica intervistata da UCHealth, sia i grassi saturi sia quelli insaturi hanno un ruolo importante, se consumati con moderazione. Il rischio maggiore arriva dalla polarizzazione del dibattito, dove spesso un grasso viene celebrato come salutare solo perché l’altro è demonizzato.

 

Le ultime ricerche suggeriscono che l’acido stearico, un grasso saturo presente nel grasso di manzo, potrebbe non aumentare il colesterolo LDL tanto quanto altri grassi della stessa categoria. Tuttavia, gli esperti cardiologi continuano a raccomandare una predilezione per i grassi insaturi, come quelli contenuti nell’olio d’oliva o nell’olio di avocado, in particolare per chi è a rischio di malattie cardiovascolari.

 

La moda del grasso di manzo tra estetica, ideologia e disinformazione
Il ritorno del grasso di manzo è anche frutto del fascino per i prodotti “ancestrali” e “non processati”, diventati parole d’ordine nei movimenti wellness alternativi. In quest’ottica, il grasso animale diventa simbolo di ritorno alle origini, spesso accompagnato da una narrativa sospettosa nei confronti dell’industria alimentare moderna.

 

Ma in molti casi si tratta di fenomeni virali, alimentati da algoritmi social, più che da evidenze scientifiche solide. Il paradosso è che spesso chi promuove il grasso di manzo è anche chi consiglia pratiche non supportate dalla medicina, come il consumo di latte crudo o di prodotti fermentati casalinghi non controllati, in nome di un’idea molto personale (e discutibile) di “salute naturale”.

 

Il grasso di manzo è tornato, ma non è un superfood
È innegabile che il grasso di manzo stia vivendo una fase di popolarità, soprattutto in certi ambienti in cui cucina, nostalgia e scetticismo verso l’alimentazione industriale si intrecciano. Ma, come confermato anche dalla Mayo Clinic, il suo ruolo nella dieta deve essere contestualizzato, tenendo conto delle quantità, del profilo lipidico generale dell’individuo, e della qualità complessiva della dieta.

 

Il vero errore non sta nell’usare il grasso di manzo per cuocere croccanti patate al forno. L’errore è pensare che un grasso possa salvarci, mentre un altro debba essere bandito a priori, ignorando la complessità della scienza nutrizionale moderna.

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