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Come il telescopio spaziale James Webb sta cambiando il modo in cui misuriamo i pianeti nani più lontani

By Sabrina Verdi
Published 24 Marzo 2025
6 Min Read
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Un’illustrazione artistica raffigura il pianeta nano Sedna, situato nell’oscura e remota Fascia di Kuiper. Una recente scoperta, pubblicata in un nuovo studio, mette in evidenza una sorprendente differenza nella composizione chimica tra Plutone e Sedna, due pianeti nani appartenenti alla stessa regione del Sistema solare. Questa divergenza sta offrendo agli scienziati un’opportunità unica per comprendere meglio le masse di questi corpi celesti.

 

La vasta e fredda Fascia di Kuiper, che si estende oltre l’orbita di Nettuno, ospita Plutone, numerosi pianeti nani conosciuti e diverse comete considerate autentiche reliquie della formazione planetaria.

Secondo quanto spiegato da Amelia Bettati, ricercatrice dell’Elon University nella Carolina del Nord, i corpi ghiacciati della Fascia di Kuiper rappresentano veri e propri archivi cosmici. Questi mondi possono raccontare la storia delle condizioni esistenti miliardi di anni fa, al tempo della nascita dei pianeti.

 

Attraverso sofisticate osservazioni spettroscopiche nel vicino infrarosso realizzate dal James Webb Space Telescope (JWST), gli scienziati hanno confermato la presenza di metano ed etano sulla superficie di Plutone, molecole fondamentali che si ritrovano di frequente nelle regioni esterne del Sistema solare. Al contrario, Sedna, con un diametro inferiore alla metà di quello di Plutone, mostra esclusivamente metano.

Amelia Bettati spiega che questa differenza è attribuibile alla massa decisamente inferiore di Sedna. La gravità più debole di questo piccolo corpo celeste consente al metano, più leggero, di sfuggire gradualmente nello spazio nel corso dei millenni, mentre l’etano, composto più pesante, riesce a rimanere sulla superficie.

 

Precedenti ricerche avevano già delineato un confine generale tra corpi celesti in grado di trattenere composti volatili e quelli che non ci riescono. Tuttavia, il confronto diretto tra Plutone e Sedna fornisce un nuovo elemento di analisi: il modo in cui specifici processi di fuga atmosferica plasmano la composizione chimica superficiale di questi remoti oggetti.

 

La posizione di Sedna, vicinissima alla soglia critica di massa oltre la quale un corpo può trattenere metano, sottolinea l’importanza di indagare con precisione i meccanismi di conservazione o dispersione di questi composti.

L’équipe di ricerca guidata da Bettati, in collaborazione con Jonathan Lunine del Jet Propulsion Laboratory della NASA e del California Institute of Technology, ha simulato i livelli di metano ed etano presenti su Sedna. Per validare il loro modello, i due studiosi hanno utilizzato come analoghi la Cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko e Encelado, una delle lune di Saturno.

 

La sonda Rosetta, missione europea, ha studiato a lungo la Cometa 67P, mentre la sonda Cassini della NASA ha raccolto un’enorme quantità di dati su Encelado durante il suo soggiorno nell’orbita di Saturno. Secondo Bettati, questi due corpi sono stati scelti perché possiedono misurazioni dettagliate e rappresentano oggetti ben conosciuti del Sistema solare esterno.

Per stabilire se metano ed etano siano effettivamente sfuggiti dalle superfici di questi corpi fino a non comparire più negli spettri osservati, i ricercatori hanno dovuto stimare quanto di questi composti fosse originariamente intrappolato al loro interno. Hanno elaborato due scenari distinti: uno basato sul rapporto tra metano, etano e ghiaccio d’acqua misurato su Encelado, e l’altro prendendo come riferimento i dati raccolti sulla Cometa 67P durante il periodo invernale.

 

I modelli si sono avvalsi del cosiddetto modello di fuga di Jeans, un processo di fuga termica in cui solo le molecole con una velocità superiore a quella di fuga riescono ad abbandonare l’atmosfera del corpo celeste. È stato utilizzato anche il modello di fuga idrodinamica, dove l’intera atmosfera o gran parte di essa si disperde nello spazio, trascinata da un flusso di molecole in movimento.

Le simulazioni hanno dimostrato che, mentre il metano è rimasto stabile sulla superficie di Plutone, su Sedna è sfuggito a causa della sua massa più bassa. L’etano, invece, si è mantenuto stabile su entrambi i pianeti nani, anche quando i modelli ipotizzavano tassi di degassamento estremi, pari al 100%, o minimi, pari al 10%. Questi risultati corrispondono perfettamente alle osservazioni spettroscopiche e permettono di ottenere una stima più precisa della massa di Sedna.

 

Il modello utilizzato fornisce inoltre una spiegazione per l’assenza di metano sulla superficie di Gonggong, un altro corpo della Fascia di Kuiper.

“Gonggong, proprio come Sedna, non presenta metano sulla sua superficie,” ha dichiarato Bettati. Considerando che le dimensioni di Gonggong sono simili a quelle di Sedna, è altamente probabile che il metano sia sfuggito in maniera analoga. Questo conferma l’idea che i corpi più piccoli della Fascia di Kuiper tendano a perdere metano nel tempo, mentre quelli più grandi, come Plutone, riescono a trattenerlo.

 

La consapevolezza di quali gas siano presenti sui vari oggetti della Fascia di Kuiper, delle loro velocità di fuga e delle composizioni originarie permette agli scienziati di organizzare in modo più preciso le future missioni di esplorazione.

Secondo Bettati, i dati raccolti dal James Webb Space Telescope, combinati con questi studi modellistici, stanno trasformando il nostro modo di comprendere le atmosfere e le superfici dei corpi più remoti del Sistema solare. “Il JWST sta davvero rivoluzionando la nostra conoscenza di questi lontani mondi ghiacciati,” ha concluso la ricercatrice.

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