Negli ultimi anni, il mondo ha assistito a un aumento di atteggiamenti che sembrano spinti da un desiderio puro di caos. Questo fenomeno si è manifestato in diversi modi: dalla disinformazione alla distruzione delle istituzioni, fino alla volontà dichiarata di vedere la società “bruciare fino alle fondamenta”. Secondo gli scienziati politici, questa inclinazione potrebbe essere profondamente legata al senso di perdita di equilibrio sociale, un sentimento amplificato dalla crescente disuguaglianza economica e dalla globalizzazione.
Il caos come reazione alla perdita di status
Secondo Kevin Arceneaux, politologo della Sciences Po di Parigi, il caos è una sorta di strategia adottata da alcuni individui per rispondere alla percezione di un declino del loro status sociale. “Quando una persona sente di perdere importanza nella società, può cercare di ribaltare il sistema per provare a riprendersi ciò che crede di aver perso,” spiega Arceneaux.
Mentre la maggior parte delle persone tende a preferire l’ordine e la stabilità, una minoranza – circa il 15% della popolazione degli Stati Uniti – sembra attratta dall’idea di distruggere le strutture consolidate. Questo desiderio di distruzione radicale è stato studiato dal team di Arceneaux, che ha pubblicato i risultati nel 2021 sulla rivista Philosophical Transactions of the Royal Society B.
Attraverso un sondaggio condotto su 5.000 americani, i ricercatori hanno valutato il livello di accordo con affermazioni estreme come “La società dovrebbe essere rasa al suolo” o “Mi diverte quando un disastro naturale colpisce un paese straniero”. Il 5% degli intervistati ha mostrato un desiderio puro di caos, senza preoccuparsi delle conseguenze sugli altri. Un ulteriore 10%, invece, ha espresso un desiderio di distruzione, ma senza intenti malevoli, ritenendo semplicemente che il sistema attuale sia irreparabile.
Chi sono i “cercatori di caos”?
Secondo Arceneaux, esistono due gruppi distinti di persone con un alto livello di attrazione verso il caos.
Il primo è costituito da individui che vogliono distruggere tutto senza distinzioni, spinti da un desiderio quasi sadico di vedere la società collassare. Il secondo gruppo, che gli studiosi hanno soprannominato i “ricostruttori”, desidera azzerare le istituzioni esistenti ma senza l’intenzione di nuocere agli altri.
Questi individui sono accomunati da un senso di frustrazione e di mancato riconoscimento. Sentono di non ricevere il rispetto che meritano e, per questo, vogliono scuotere il sistema. Tuttavia, il bisogno di caos non è un tratto fisso della personalità, bensì una risposta a un contesto sociale e politico percepito come ingiusto.
Il legame tra caos, disuguaglianze e globalizzazione
L’instabilità sociale, l’aumento delle disuguaglianze economiche e l’insicurezza causata dalla globalizzazione contribuiscono a creare il terreno fertile per il bisogno di caos. “Quando la vita diventa più precaria, chi ha una predisposizione a tratti di personalità più oscuri potrebbe reagire cercando di scatenare il disordine,” osserva Arceneaux.
Sorprendentemente, il bisogno di caos non è correlato a una precisa ideologia politica. Studi condotti nel 2016 e nel 2020 hanno dimostrato che questo atteggiamento non era legato al voto per Donald Trump. Tuttavia, i dati preliminari delle elezioni 2024 mostrano una maggiore propensione dei “cercatori di caos” a sostenere l’ex presidente, anche se i motivi di questo cambiamento non sono ancora del tutto chiari.
Perché il caos attrae soprattutto uomini bianchi
Un altro aspetto interessante emerso dalla ricerca è la correlazione tra il bisogno di caos e il genere o l’appartenenza etnica. Gli uomini bianchi sono il gruppo demografico più incline a sviluppare un forte desiderio di disordine.
Secondo Arceneaux, questo potrebbe essere legato al concetto di “destino legato”, che ha storicamente giocato un ruolo importante tra le minoranze etniche. Ad esempio, tra gli afroamericani, il senso di appartenenza al gruppo è molto più forte rispetto all’individualismo prevalente tra i bianchi. “Se sei parte di una minoranza e percepisci una perdita di status, creare caos non ti aiuterà. Ti renderebbe solo più vulnerabile,” spiega il politologo.
Al contrario, molti uomini bianchi percepiscono la loro perdita di status come una questione strettamente personale e reagiscono di conseguenza. Questo potrebbe spiegare perché tra i “cercatori di caos” ci siano soprattutto individui appartenenti a questa categoria.
Il caos e la disuguaglianza: una combinazione esplosiva
Il bisogno di caos si manifesta in modo particolare in contesti caratterizzati da elevate disuguaglianze. Un concetto chiave per comprendere questo fenomeno è la deprivazione relativa, che si verifica quando una persona si sente svantaggiata rispetto ad altri, indipendentemente dalla sua condizione oggettiva.
“Se il tuo capo ti dà un aumento del 5%, inizialmente potresti essere felice,” spiega Arceneaux. “Ma se scopri che un collega ha ricevuto un aumento del 10%, improvvisamente ti sentirai ingannato.” Questo meccanismo psicologico è alla base del malcontento diffuso in molte società moderne.
Tuttavia, non sono solo le persone che si percepiscono come svantaggiate a sviluppare un desiderio di caos. Anche coloro che occupano posizioni elevate nella società possono temere di perdere i propri privilegi e, per questo, adottare strategie per mantenere lo status quo.
Un esempio di questo fenomeno si può osservare in figure come Elon Musk o Donald Trump, uomini estremamente ricchi e potenti che, tuttavia, alimentano il malcontento popolare. In Europa, molti leader populisti hanno adottato strategie simili per rafforzare il loro potere.
Il ruolo della politica e delle istituzioni
Uno degli aspetti più inquietanti emersi dalla ricerca è la crescente sfiducia nelle istituzioni democratiche. Molte persone, soprattutto tra i “cercatori di caos”, si chiedono cosa abbiano fatto per loro i governi e le istituzioni.
Questa frustrazione porta a una maggiore inclinazione verso leader autoritari, capaci di offrire soluzioni drastiche. “Non si tratta solo di destra o sinistra,” osserva Arceneaux. “Hugo Chávez in Venezuela era di sinistra, ma ha sfruttato lo stesso malcontento che vediamo oggi in altre parti del mondo.”
Ignorare questi segnali potrebbe essere un errore. “Dobbiamo capire perché le persone sono infelici e affrontare il problema alla radice,” conclude Arceneaux.