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Un coro di cinguettii nello spazio: le onde chorus scoperte a 165.000 chilometri dalla Terra

By Sabrina Verdi
Published 25 Gennaio 2025
5 Min Read
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Contents
Le caratteristiche delle onde chorusIl rilevamento nel foglio neutro di metà coda terrestreL’interazione con gli elettroni e i misteriosi “buchi”Un fenomeno universale?

Un fenomeno elettromagnetico affascinante, conosciuto come onde chorus, è stato recentemente individuato in una zona dello spazio distante 165.000 chilometri dalla Terra. Questa distanza, sebbene inferiore alla metà di quella che ci separa dalla Luna, apre nuove prospettive sulla presenza di tali onde lontano dai pianeti. Le onde chorus, così chiamate per il loro caratteristico suono simile ai cinguettii mattutini degli uccelli quando convertite in segnali audio, sono da tempo oggetto di studio per il loro ruolo nelle dinamiche spaziali.

 

Le caratteristiche delle onde chorus

Le onde chorus sono brevi esplosioni di radiazione elettromagnetica, con una durata inferiore a un secondo. Queste onde, che si allineano con i campi magnetici planetari, sono note per la loro capacità di influenzare i fenomeni naturali spaziali, come le aurore e la formazione delle cinture di radiazioni intorno ai pianeti. Grazie alla loro intensità, le onde chorus deviano elettroni ad alta energia verso l’atmosfera, creando complessi effetti magnetici.

 

Fino a poco tempo fa, si riteneva che queste onde fossero un fenomeno circoscritto alle aree prossime ai pianeti, formandosi in regioni entro 10 volte il raggio planetario, prevalentemente sopra l’equatore magnetico. Tuttavia, le osservazioni recenti condotte dai satelliti Magnetospheric Multiscale (MMS) della NASA hanno messo in discussione questa idea. Il rilevamento di onde chorus a una distanza considerevole dal nostro pianeta suggerisce che potrebbero verificarsi in ambienti molto più ampi e meno prevedibili di quanto supposto finora.

 

Il rilevamento nel foglio neutro di metà coda terrestre

Le onde appena individuate non provengono da una posizione remota interplanetaria, ma da una regione chiamata foglio neutro di metà coda terrestre. Questa zona si trova sul lato opposto della Terra rispetto al Sole, dove il campo magnetico terrestre si distorce notevolmente. A differenza di altre aree, qui non si osservano gli effetti del dipolo magnetico terrestre, che si riteneva fosse la causa principale delle onde chorus. Nonostante ciò, le osservazioni dei satelliti MMS hanno confermato la presenza di onde chorus, rivelando caratteristiche molto simili a quelle riscontrate più vicino alla Terra: una durata di circa 0,1 secondi e un aumento di frequenza di 100 Hz al secondo.

 

L’interazione con gli elettroni e i misteriosi “buchi”

Lo studio, guidato dal Dr. Chengming Liu dell’Università di Beihang, ha analizzato le interazioni tra le onde chorus e gli elettroni presenti nel foglio neutro. Si è ipotizzato che queste onde siano generate da elettroni termici con un’energia di circa 3 kiloelettronvolt, i quali trasferiscono parte della loro energia alle onde stesse. Allo stesso tempo, gli elettroni ad alta energia possono estrarre energia dalle onde attraverso un processo chiamato risonanza relativistica.

 

Uno degli aspetti più sorprendenti di questa ricerca è stata l’identificazione dei cosiddetti “buchi di elettroni”, strutture che ricordano quelle dei semiconduttori. Questi buchi si formano a seguito dell’interazione tra le onde chorus e gli elettroni, e rappresentano un ulteriore passo avanti nella comprensione dei fenomeni elettromagnetici spaziali.

 

Un fenomeno universale?

La scoperta di onde chorus lontano dalla Terra solleva domande importanti sulla loro origine e diffusione. Sebbene si pensasse che fossero limitate agli effetti diretti dei campi magnetici planetari, queste osservazioni suggeriscono che potrebbero verificarsi anche in ambienti più lontani e diversificati. La presenza di fenomeni simili presso altri pianeti, come Giove e Saturno, era già nota, ma il rilevamento in una zona altamente distorta del campo magnetico terrestre amplia notevolmente il contesto.

 

Questo studio, pubblicato su Nature, offre nuovi spunti per comprendere le dinamiche elettromagnetiche nello spazio profondo e pone le basi per future ricerche sull’interazione tra onde e particelle in ambienti spaziali lontani dai pianeti. Le implicazioni potrebbero estendersi anche alla comprensione dei meccanismi che regolano le radiazioni cosmiche e le loro influenze sulla Terra e sui corpi celesti.

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