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Perché i paesi più caldi prediligono il cibo speziato? Un’analisi tra cultura, clima e scienza

By Giovanna Russo
Published 31 Gennaio 2025
6 Min Read
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Contents
Le spezie come arma naturale contro i batteriL’efficacia antimicrobica delle spezieUna spiegazione troppo semplice?Le eccezioni che complicano il quadroCultura, economia e storia: il vero mix di saporiIl cibo speziato: una storia di identità e resistenza

Le cucine tradizionali di molti paesi tropicali e subtropicali sono spesso caratterizzate da un uso abbondante di spezie. L’India, la Thailandia e il Messico, ad esempio, offrono piatti ricchi di sapori intensi, mentre in altre regioni, come la Scandinavia o la Gran Bretagna, l’approccio agli aromi è generalmente più delicato. Ma cosa spiega questa differenza?

Una teoria popolare associa l’uso massiccio di spezie nei climi caldi alla necessità di mascherare il sapore di alimenti deteriorati. Tuttavia, studi recenti suggeriscono un’ipotesi più interessante: le proprietà antimicrobiche delle spezie potrebbero aver giocato un ruolo chiave nell’evoluzione delle tradizioni culinarie delle regioni più calde.

Le spezie come arma naturale contro i batteri

Uno studio del 1998, che ha analizzato 4.578 ricette provenienti da 93 libri di cucina tradizionali di 36 paesi, ha rivelato una chiara correlazione tra temperature elevate e uso frequente di spezie. In particolare, in dieci nazioni – tra cui Etiopia, Kenya, India, Indonesia, Iran, Malesia, Marocco, Nigeria e Thailandia – ogni piatto a base di carne conteneva almeno una spezia.

All’opposto, nei paesi più freddi, come la Norvegia e la Finlandia, molte ricette risultavano completamente prive di spezie. Questa tendenza si osserva anche all’interno di singoli paesi con climi diversificati: nel sud-ovest della Cina, caratterizzato da un clima subtropicale, il 40% delle ricette includeva almeno una delle quattro spezie più comuni, rispetto al 30% del nord-est, un’area montuosa con temperature più rigide.

Ma perché questa differenza? La risposta potrebbe risiedere nelle proprietà antibatteriche delle spezie. Zenzero, curcuma, peperoncino, aglio e cumino contengono composti in grado di inibire la crescita di batteri, funghi e virus.

L’efficacia antimicrobica delle spezie

Diverse ricerche hanno dimostrato che le spezie non solo migliorano il sapore dei cibi, ma hanno anche un effetto protettivo contro le malattie trasmesse dagli alimenti. Alcuni esempi:

  • Zenzero: il gingerolo presente nella radice combatte batteri e virus.
  • Curcuma: la curcumina possiede proprietà antibatteriche, antifungine e antivirali.
  • Peperoncino: la capsaicina riduce la proliferazione di batteri come l’Escherichia coli.
  • Aglio: l’allicina è un potente antimicrobico naturale.
  • Chiodi di garofano e cannella: efficaci contro i batteri che causano intossicazioni alimentari.

Non solo: molte di queste spezie, se usate insieme, potenziano il loro effetto antimicrobico. Questo spiega la diffusione di miscele speziate come la polvere di chili, tipica della cucina messicana, e le cinque spezie orientali, utilizzate nella gastronomia cinese.

Una spiegazione troppo semplice?

Sebbene l’ipotesi del clima caldo = più spezie sia affascinante, alcuni studiosi mettono in dubbio la sua validità assoluta.

Uno studio del 2021 ha evidenziato che non esistono prove definitive che il cibo piccante sia un adattamento evolutivo per ridurre il rischio di infezioni alimentari. Se così fosse, ci si aspetterebbe che le cucine dei paesi caldi usassero anche altri ingredienti antimicrobici facilmente reperibili, come aceto e alcol, cosa che invece non accade.

Inoltre, non sempre il livello di piccantezza è proporzionale al rischio di contaminazione alimentare. Ad esempio, i piatti a base di carne e pesce tendono a essere più speziati, ma questo potrebbe dipendere dal numero di ingredienti utilizzati piuttosto che da un’esigenza antimicrobica.

Le eccezioni che complicano il quadro

Se il calore fosse l’unico fattore, come si spiega la passione della Corea del Sud per piatti altamente piccanti, nonostante in inverno le temperature a Seoul scendano sotto lo zero? Il kimchi, il gochujang e il gochugaru sono tra i condimenti più diffusi, eppure il clima coreano non rientra nei parametri della teoria del clima caldo.

Allo stesso modo, la Gran Bretagna – con il suo clima decisamente fresco – è famosa per la passione dei suoi abitanti per il curry estremamente piccante, un fenomeno più legato a influenze culturali e coloniali che a necessità ambientali.

Cultura, economia e storia: il vero mix di sapori

Un aspetto fondamentale che emerge dallo studio del 2021 è che il consumo di spezie è fortemente influenzato da fattori socioeconomici. Il PIL, il reddito medio e l’aspettativa di vita sembrano giocare un ruolo più significativo rispetto alla semplice temperatura.

L’uso delle spezie è il risultato di una complessa interazione tra storia, cultura, commercio e adattamento ambientale. La diffusione delle spezie è stata spesso determinata dalle rotte commerciali, dalle conquiste coloniali e dalle tradizioni locali, piuttosto che da una semplice necessità di protezione dagli agenti patogeni.

Basti pensare al peperoncino, oggi centrale nelle cucine di India, Thailandia e Messico, ma originario delle Americhe e diffuso nel mondo solo dopo la scoperta del Nuovo Mondo.

Il cibo speziato: una storia di identità e resistenza

Le spezie sono molto più di semplici condimenti. Rappresentano una forma di identità culturale, un simbolo di tradizione e, in alcuni casi, un segno di resistenza storica. L’evoluzione del gusto per il piccante non è solo una questione di clima o microbiologia, ma un viaggio attraverso secoli di scambi commerciali, influenze coloniali e trasformazioni sociali.

Quindi, la prossima volta che assaporerai un curry thailandese o un taco messicano, ricordati che dietro quei sapori intensi si nasconde una storia affascinante, fatta di geografia, cultura e scienza.

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