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Giove svela un segreto: il contributo di un astronomo dilettante

By Stefania Romano
Published 10 Gennaio 2025
5 Min Read
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La collaborazione tra scienziati professionisti e astronomi dilettanti continua a produrre risultati sorprendenti, sovvertendo modelli consolidati e aprendo nuove prospettive sul nostro Sistema Solare. Un recente studio condotto con metodi poco convenzionali ha rivelato che le famose nuvole di Giove, a lungo considerate composte prevalentemente da ghiaccio di ammoniaca, potrebbero essere costituite da materiali ben diversi.

Contents
La tecnica riscoperta e l’indagine sulla composizione atmosfericaLe nuvole di Giove: una composizione più complessa del previstoImplicazioni per lo studio di Giove e di altri giganti gassosiUn nuovo ruolo per gli astronomi dilettanti

 

La tecnica riscoperta e l’indagine sulla composizione atmosferica

Il protagonista di questa storia è Steve Hill, un astronomo dilettante che ha utilizzato una tecnica sviluppata negli anni Settanta per studiare la composizione delle nubi gioviane. Con strumenti alla portata di molti, come telescopi commerciali e filtri spettrali, Hill ha raccolto dati per mappare la distribuzione dell’ammoniaca nell’atmosfera del gigante gassoso.

 

Il metodo, noto come analisi della profondità delle bande di assorbimento, si basa sull’osservazione della luce solare riflessa dalle nubi e sull’assorbimento specifico di lunghezze d’onda caratteristiche di gas come l’ammoniaca (647 nm) e il metano (619 nm). La differenza nell’assorbimento di queste bande consente di determinare la concentrazione di gas e la pressione atmosferica associata.

 

Le prime analisi dei dati raccolti da Hill hanno suscitato scetticismo nella comunità scientifica. Tuttavia, collaborando con Patrick Irwin dell’Università di Oxford, le osservazioni sono state validate e approfondite, rivelando dettagli straordinari sull’atmosfera gioviana.

 

Le nuvole di Giove: una composizione più complessa del previsto

Fino a poco tempo fa, gli scienziati presumevano che le nubi visibili di Giove fossero formate principalmente da ghiaccio di ammoniaca, in quanto l’ammoniaca è uno dei principali costituenti della sua atmosfera. Questo gas, che si condensa a basse temperature e pressioni, era considerato l’elemento dominante nei livelli più alti delle nubi.

 

Tuttavia, i dati raccolti da Hill hanno evidenziato che la luce riflessa proviene da strati atmosferici molto più profondi, dove le pressioni raggiungono i 2-3 bar, ben al di sotto del livello in cui l’ammoniaca potrebbe condensare. Ciò indica che le nubi non sono costituite da ghiaccio di ammoniaca puro, ma probabilmente da composti più complessi come idrosolfuro di ammonio o altri materiali derivati da reazioni chimiche e fotochimiche.

 

Questa scoperta ribalta l’idea tradizionale della struttura atmosferica di Giove, suggerendo che i processi chimici nel suo ambiente siano molto più articolati di quanto immaginato.

 

Implicazioni per lo studio di Giove e di altri giganti gassosi

Le osservazioni di Hill sono state ulteriormente corroborate dai dati raccolti da strumenti avanzati come MUSE sul Very Large Telescope (VLT) dell’ESO e dai sensori della missione Juno della NASA. Questi studi congiunti hanno permesso di confermare la profondità delle nubi riflettenti e la distribuzione di ammoniaca nell’atmosfera.

 

Questa metodologia ha anche trovato applicazione nello studio di Saturno, un altro gigante gassoso del Sistema Solare. Anche in questo caso, è emerso che le nubi principali si trovano a profondità superiori rispetto al livello di condensazione dell’ammoniaca, suggerendo che processi simili operino in entrambe le atmosfere.

 

Le osservazioni suggeriscono inoltre che la composizione delle nubi e la distribuzione dei gas variano notevolmente con l’altezza. Tuttavia, una comprensione completa richiederà ulteriori indagini, integrando i dati raccolti da osservatori terrestri e missioni spaziali come il James Webb Space Telescope.

 

Un nuovo ruolo per gli astronomi dilettanti

Questo lavoro evidenzia come il contributo degli astronomi dilettanti possa essere cruciale per ampliare la nostra comprensione dell’universo. Utilizzando strumenti accessibili e tecniche consolidate, ma spesso trascurate, è possibile ottenere dati preziosi e complementari a quelli raccolti dalle missioni spaziali e dai grandi osservatori.

 

La ricerca di Steve Hill dimostra che le scoperte non sono esclusiva degli esperti dotati di strumenti sofisticati. Al contrario, l’ingegno e la passione possono aprire nuove strade nello studio dell’universo, stimolando una collaborazione sempre più stretta tra dilettanti e professionisti.

 

La comprensione di Giove, e dei giganti gassosi in generale, è ancora lontana dall’essere completa, ma ogni passo avanti ci avvicina alla soluzione dei misteri che avvolgono questi affascinanti mondi. La scienza, ancora una volta, ci insegna che il cielo non ha confini.

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