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Identificazione del primo individuo preistorico⁣ con anomalie cromosomiche

By Mirko Rossi
Published 17 Gennaio 2024
5 Min Read
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La ricerca genetica ha fatto passi ⁤da gigante negli ultimi anni, permettendoci‌ di scoprire‍ dettagli sempre più precisi sulla storia dell’umanità e sulle condizioni ‌di vita ‍dei nostri antenati. Uno degli aspetti più affascinanti di questo campo di studio è l’analisi del DNA antico, che può rivelare informazioni preziose ‌sulle malattie genetiche e sulle anomalie cromosomiche ‌presenti ⁤nelle popolazioni del passato. Grazie a nuove⁤ tecniche ⁣di analisi, ⁢i ricercatori sono riusciti a identificare i primi casi ⁣conosciuti di due disturbi genetici legati al‌ numero‌ di cromosomi sessuali.

Contents
La scoperta di aneuploidie sessuali nel DNA anticoTurner e Jacob’s syndrome: le‌ prime evidenze preistoricheLa percezione del genere e della diversità nel passatoIl contributo⁤ della genetica evoluzionistica

 

La scoperta di aneuploidie sessuali nel DNA antico

L’aneuploidia è ‍una condizione genetica caratterizzata dalla presenza di un ‌numero anomalo di cromosomi. Nella maggior parte delle cellule ⁢umane, sono presenti 23 paia di cromosomi,⁣ inclusi quelli sessuali: le femmine di solito​ hanno due cromosomi X (XX), ⁤mentre i maschi ⁢hanno un⁣ cromosoma X e uno Y (XY). Tuttavia, a volte possono verificarsi ‌delle ⁤variazioni, come la ⁣mancanza o l’aggiunta di copie di questi cromosomi, che possono influenzare lo sviluppo dell’individuo.

Un ⁤team di ricerca ha sviluppato un nuovo metodo computazionale per rilevare con maggiore⁢ precisione queste variazioni nel conteggio dei cromosomi, in particolare quelli sessuali, nel genoma umano. Applicando questo ​metodo a un dataset del ‌progetto “Thousand Ancient British Genomes”, i ricercatori hanno identificato cinque individui con aneuploidie dei cromosomi sessuali, due dei quali sono i ⁤primi ⁢casi conosciuti di disturbi genetici.

 

Turner e Jacob’s syndrome: le‌ prime evidenze preistoriche

Attraverso misurazioni precise‌ dei cromosomi sessuali, è stato ‍possibile rilevare la prima evidenza preistorica della sindrome di Turner, risalente a 2.500 anni fa, e l’incidenza più antica ⁤conosciuta ⁣della sindrome di Jacob, risalente a circa 1.200 anni fa. ⁤La sindrome di Turner è caratterizzata dalla presenza ⁤di un⁣ solo cromosoma X, mentre la sindrome di Jacob è caratterizzata da un cromosoma Y aggiuntivo.

L’aneuploidia dei cromosomi sessuali ‍può talvolta⁣ influenzare lo sviluppo; le ossa dell’individuo‍ con la sindrome di Turner indicavano che ‍non‌ aveva attraversato la pubertà o la mestruazione, sebbene si‌ ritenesse avesse tra i 18 ‍e i 22 anni. Tuttavia, l’analisi ha rivelato anche che solo alcune delle cellule avevano una sola copia del cromosoma X, mentre altre ne avevano due, una ‍condizione nota come mosaicismo.

La percezione del genere e della diversità nel passato

Lo studio ha ‍identificato anche tre persone con la sindrome di Klinefelter (un ⁢cromosoma X aggiuntivo, XXY) che⁤ vissero in diversi periodi storici. Inoltre, è stato rivelato che un ⁢neonato dell’età del ferro aveva la sindrome di Down, risultato di una⁢ copia aggiuntiva del cromosoma 21, un’aneuploidia​ autosomica che non riguarda i ⁤cromosomi sessuali.

Nonostante sia ⁣difficile ricostruire un quadro completo della vita di questi individui e delle loro interazioni con⁣ la società, poiché non sono stati trovati con oggetti personali o in tombe insolite, queste scoperte possono offrire ⁣uno spaccato su come le percezioni dell’identità di genere si siano evolute nel tempo.

 

Il contributo⁤ della genetica evoluzionistica

Pontus Skoglund, coautore dello studio e genetista ‍evoluzionistico, ha⁣ aggiunto che il nuovo metodo‌ è in grado di classificare la contaminazione ​del DNA in molti casi‍ e può aiutare ⁤ad​ analizzare il DNA antico incompleto, rendendolo applicabile a resti archeologici difficili ⁤da analizzare ‌in precedenza.

Combinando questi dati ‍con il contesto funerario e gli oggetti personali, è possibile ottenere una prospettiva storica su come sesso, genere e diversità ⁤venivano percepiti nelle società ⁤passate. Si⁣ spera che questo ⁤tipo di approccio venga applicato man mano che la risorsa comune dei dati sul DNA antico continua a crescere.

 

In conclusione, lo studio pubblicato in Communications Biology apre nuove strade per la comprensione delle condizioni genetiche ⁤e delle dinamiche sociali delle popolazioni antiche, offrendo una visione più ‍ampia e dettagliata della storia ⁢umana.

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