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Scoperta la presenza nascosta del COVID-19 nei polmoni fino a 18 mesi: i serbatoi virali vengono alla luce

By Luigi Belli
Published 16 Dicembre 2023
4 Min Read
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Contents
La persistenza del virus SARS-CoV-2 nei ⁤polmoni: uno studio‌ rivoluzionarioLa scoperta dei serbatoi virali nel COVID-19Il virus che si nascondeLa persistenza dell’infiammazioneI risultati dello studioLa trasmissione del virus tra ⁢macrofagiIl ⁢ruolo dell’immunità innataProspettive future della ricerca

La persistenza del virus SARS-CoV-2 nei ⁤polmoni: uno studio‌ rivoluzionario

Uno studio recente ha portato alla luce una scoperta‍ sorprendente: il virus SARS-CoV-2⁢ può rimanere nei polmoni fino a 18 mesi dopo l’infezione, sfidando l’idea che sia non rilevabile dopo la guarigione iniziale. Questa persistenza è collegata a⁣ un fallimento ⁢del sistema ‌immunitario innato. La ricerca, confermando l’esistenza di ‘serbatoi virali’ simili a quelli dell’HIV, sottolinea il ruolo delle cellule NK nel controllo di⁤ questi serbatoi. Questa scoperta⁣ è fondamentale⁢ per comprendere il COVID lungo ⁢e i meccanismi di persistenza virale.

La scoperta dei serbatoi virali nel COVID-19

Il virus che si nasconde

Alcuni virus persistono⁤ nel corpo in modo discreto e non individuabile dopo aver ⁢causato un’infezione. Rimangono in quello che viene definito ‘serbatoi virali’. Questo è il caso dell’HIV, che ⁣rimane latente in alcune cellule immunitarie e ⁣può‌ riattivarsi in qualsiasi​ momento. Potrebbe essere lo stesso per il virus SARS-CoV-2 che causa il COVID-19. Almeno, questa è l’ipotesi avanzata da un team di scienziati dell’Istituto Pasteur nel ⁤2021, e che ora è stata confermata in un modello preclinico di un primate non‌ umano.

La persistenza dell’infiammazione

“Abbiamo osservato che l’infiammazione persisteva per lunghi periodi nei primati che erano stati infettati‌ dal SARS-CoV-2. Sospettavamo quindi che potesse⁣ essere dovuto alla presenza del virus nel corpo,” spiega Michaela Müller-Trutwin, responsabile dell’unità HIV, Infiammazione e Persistenza dell’Istituto Pasteur.

I risultati dello studio

La trasmissione del virus tra ⁢macrofagi

Per ⁢studiare la persistenza del virus SARS-CoV-2, gli scienziati dell’Istituto Pasteur, in collaborazione con il centro IDMIT (Infectious Disease Models ⁣for Innovative Therapies) ⁤del CEA, hanno analizzato campioni biologici da modelli animali che erano stati infettati dal virus. I risultati iniziali dello studio indicano che i virus sono stati trovati nei polmoni di alcuni individui da 6 a 18 mesi ‍dopo l’infezione, anche se il virus era non individuabile nel tratto respiratorio superiore o nel sangue. Un’altra scoperta è stata che la quantità ‌di virus persistente nei polmoni era inferiore per la variante Omicron rispetto alla ceppo originale del SARS-CoV-2.

Il ⁢ruolo dell’immunità innata

Per ‌comprendere il ruolo dell’immunità innata nel controllo di questi serbatoi virali, gli‍ scienziati si sono poi concentrati sulle cellule NK (natural killer). “La risposta⁤ cellulare dell’immunità innata, che è la ⁢prima linea di⁣ difesa del corpo, è stata poco studiata nelle infezioni da SARS-CoV-2 fino ad ‌ora,” dice Michaela Müller-Trutwin. “Eppure è noto da tempo che‍ le cellule NK svolgono un ruolo importante nel controllo delle infezioni ⁣virali.” Lo studio mostra che in alcuni animali, i macrofagi infettati con ⁢SARS-CoV-2 ‌diventano resistenti alla‌ distruzione da parte delle⁢ cellule NK, mentre in altri,‌ le cellule⁢ NK sono in grado di adattarsi all’infezione (note come⁤ cellule NK adattative) e distruggere le cellule resistenti, in questo caso i macrofagi.

Prospettive future della ricerca

“Inizieremo uno studio ‍su una⁢ coorte infettata con SARS-CoV-2 all’inizio della pandemia per scoprire se i serbatoi virali e ⁢i meccanismi identificati sono correlati ai casi​ di COVID lungo. Ma i risultati qui rappresentano già un passo importante nella comprensione della natura dei ⁢serbatoi virali e dei meccanismi che regolano la persistenza virale,” afferma Michaela Müller-Trutwin.

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