L’esperimento ALICE del Large Hadron Collider (LHC) analizza le conseguenze degli scontri tra ioni pesanti, cercando principalmente di studiare il plasma di quark e gluoni, una forma di materia che esisteva appena dopo il Big Bang. Tuttavia, quando atomi di piombo collidono ad altissime energie, può avvenire un fenomeno raro ma affascinante: una trasmutazione nucleare che trasforma il piombo in oro.
Non si tratta, ovviamente, di alchimia medievale, ma di un processo fisico reale. Il piombo ha 82 protoni e circa 126 neutroni, mentre l’oro ne ha 79. Per ottenere atomi d’oro a partire dal piombo, è necessario rimuovere tre protoni dal suo nucleo.
Questa trasformazione non è lo scopo dell’LHC, ma avviene come effetto collaterale durante le collisioni tra atomi di piombo che viaggiano al 99,999993% della velocità della luce. Non tutte le particelle si scontrano direttamente: alcune continuano a circolare all’interno dell’acceleratore. È stato ipotizzato che i campi elettromagnetici estremi generino impulsi di luce potentissimi, capaci di strappare quei tre protoni necessari per la trasmutazione.
Secondo Marco Van Leeuwen, portavoce dell’esperimento ALICE, è stupefacente che i rilevatori riescano a gestire eventi con migliaia di particelle prodotte e, al contempo, siano abbastanza sensibili da rilevare eventi rari, in cui si formano solo pochi frammenti.
Il team ha sfruttato i calorimetri a zero gradi (ZDC) per analizzare l’interazione tra la luce ad alta energia e i nuclei degli ioni di piombo. Le osservazioni hanno registrato l’espulsione di zero, uno, due o tre protoni, spesso accompagnati dalla perdita di un neutrone. Ciò ha generato piombo con meno neutroni, ma anche tallio, mercurio e oro.
Sebbene la produzione di oro sia meno frequente, il tasso è comunque notevole: circa 89.000 nuclei d’oro al secondo su 174 miliardi di atomi di piombo nel fascio. Tuttavia, non ci sarà alcuna corsa all’oro al CERN. La quantità è infinitesimale, ben al di sotto del grammo, e i nuclei d’oro vengono distrutti quasi immediatamente contro le pareti dell’acceleratore.
Uliana Dmitrieva, della collaborazione ALICE, ha sottolineato che questa è la prima analisi sperimentale sistematica sulla produzione di oro al LHC, resa possibile grazie alle capacità uniche degli ZDC. John Jowett, anch’egli del team ALICE, ha aggiunto che i risultati migliorano i modelli teorici sulla dissociazione elettromagnetica, un aspetto cruciale non solo per la fisica fondamentale ma anche per la comprensione delle perdite di fascio, che rappresentano una delle principali sfide operative del LHC e dei futuri acceleratori.
La ricerca completa è stata pubblicata sulla rivista Physical Review C.