Un’assenza sorprendente nei musei di storia naturale
Camminando tra le teche dei più famosi musei di storia naturale del mondo, si ammirano imponenti scheletri di balene, leoni, orsi polari e scimmie. Ma se si osserva con attenzione tra le loro zampe posteriori, qualcosa manca. È un’assenza silenziosa ma sistematica: l’osso penico, noto anche come baculum, raramente viene mostrato al pubblico.
Un osso reale, ma invisibile
Il baculum è presente in un numero sorprendentemente ampio di mammiferi: orsi, trichechi, pipistrelli, roditori, e perfino primati come gli scimpanzé e i gorilla. Quello che rende l’essere umano un’eccezione non è tanto l’intelligenza o la postura eretta, quanto la mancanza di questo osso. Gli umani, infatti, dipendono esclusivamente dalla pressione sanguigna per ottenere l’erezione, mentre in molte altre specie l’osso penico funge da supporto strutturale, facilitando l’accoppiamento e aumentando il successo riproduttivo.
La varietà morfologica dei baculi è ampia: alcuni sono lunghi, come quello del tricheco che può superare i 60 centimetri, altri piccoli e intricati, come nei pipistrelli, dove il baculum aiuta persino a identificare la specie grazie alla sua forma unica e decorata con curve e scanalature.
Il pudore vittoriano e la censura anatomica
Secondo Jack Ashby, vicedirettore del Museo di Zoologia dell’Università di Cambridge, la mancanza di questi ossi nelle esposizioni non ha nulla di scientifico: è cultura, non biologia. I curatori vittoriani, infatti, si lasciarono guidare da un moralismo prudente, rimuovendo sistematicamente le parti del corpo che potevano destare imbarazzo o ilarità nel visitatore dell’epoca.
Questo atteggiamento ha prodotto un effetto distorsivo: i musei, che dovrebbero raccontare la verità del mondo naturale, hanno finito per modificare deliberatamente l’anatomia degli esemplari, trasmettendo al pubblico una visione incompleta – e in fondo falsata – degli animali.
Ashby sottolinea con forza questo punto nel suo libro La Memoria della Natura, dove denuncia la tendenza storica a filtrare le esposizioni attraverso le lenti della morale umana, piuttosto che mostrarle nella loro realtà biologica. Il suo esempio più lampante è lo scheletro di elefante marino nel suo museo, l’unico nel Regno Unito a presentare il baculum in mostra.
Perché la sua presenza è importante
L’importanza del baculum non è solo simbolica o sessuale. In alcune specie, rappresenta l’osso più lungo dell’intero scheletro. In altre, serve a evitare che l’uretra venga schiacciata durante l’accoppiamento, garantendo la funzionalità riproduttiva. E la sua forma può essere così distintiva da diventare uno strumento di classificazione tassonomica.
La scelta di escludere questo osso dalle esposizioni compromette anche la comprensione scientifica e educativa dell’evoluzione dei sistemi riproduttivi nei mammiferi. Dopo tutto, ogni osso racconta una storia. Escluderne uno così significativo è come strappare una pagina da un libro di anatomia.
Il futuro del baculum nei musei
Oggi, alcune istituzioni come la California Academy of Science iniziano timidamente a riabilitare il baculum, esponendolo senza filtri, in nome di un approccio più onesto e trasparente alla natura. Ma la maggior parte dei musei continua a censurare questa parte del corpo, forse per abitudine, forse per timore di reazioni moraliste.
Il punto è che il baculum esiste, è comune, è scientificamente rilevante. E la sua assenza continua dai musei riflette ancora una volta la tendenza dell’essere umano a rimodellare la natura secondo il proprio imbarazzo culturale, piuttosto che rispettarne la biologia autentica.
Fonte: BBC Science Focus – “Why do natural history museums hide penis bones?”