Il fungo Malassezia sympodialis come difesa naturale contro lo stafilococco
Sulla superficie della pelle umana, tra i tanti organismi che convivono nel microbioma cutaneo, si nasconde un alleato insospettabile nella lotta contro uno dei più pericolosi batteri resistenti agli antibiotici: lo Staphylococcus aureus. Una recente ricerca pubblicata su Current Biology ha messo in luce le potenzialità antimicrobiche del lievito Malassezia sympodialis, un fungo già noto per il suo ruolo nella degradazione del sebo cutaneo.
Secondo lo studio, M. sympodialis produce una particolare molecola, l’acido 10-idrossipalmico (10-HP), capace di inibire la crescita di S. aureus, anche nelle sue varianti più pericolose e resistenti agli antibiotici. Questo acido diventa particolarmente attivo in ambienti a basso pH, come quello della pelle umana, e potrebbe spiegare perché, in condizioni fisiologiche normali, l’eccessiva proliferazione di stafilococco aureo venga spesso naturalmente contenuta.
Effetti sorprendenti del 10-HP contro le infezioni
I ricercatori, guidati dalla biologa evoluzionista Caitlin Kowalski e dal biologo molecolare Matthew Barber, hanno condotto esperimenti su biopsie cutanee di soggetti sani. In laboratorio, l’introduzione di M. sympodialis ha portato, nel giro di due ore, a una riduzione di oltre cento volte della vitalità dei ceppi di S. aureus. Un risultato eccezionale, considerando che S. aureus è responsabile di oltre 500.000 ricoveri ospedalieri l’anno solo negli Stati Uniti, e che le sue infezioni possono risultare fatali in oltre un milione di casi su scala globale.
Quello che rende questa scoperta ancora più rilevante è che il 10-HP è un composto già noto in ambito scientifico, ma i suoi effetti antimicrobici erano finora passati inosservati a causa dell’assenza di condizioni simili a quelle cutanee nei test di laboratorio convenzionali. Questo apre nuove prospettive sul modo in cui composti esistenti potrebbero essere reinterpretati in base al loro contesto biochimico.
Resistenza batterica e coesistenza nel microbioma
Come spesso accade anche con gli antibiotici più efficaci, lo stafilococco aureo ha mostrato capacità di adattamento, sviluppando resistenze nei confronti del 10-HP. Tuttavia, il meccanismo sembra ricalcare in modo quasi speculare quello osservato nelle terapie antibiotiche tradizionali. Interessante anche il fatto che altre specie di Staphylococcus, meno aggressive, coabitano senza conflitti con il fungo Malassezia, suggerendo un’evoluzione coesistenziale all’interno del microbioma.
La diffusione di Malassezia nella pelle dei mammiferi, e la sua varietà ancora poco esplorata, lascia intendere che le interazioni tra funghi e batteri siano molto più complesse e strategiche di quanto si pensasse fino a ora. La scoperta di una difesa naturale incorporata nella nostra pelle potrebbe inaugurare una nuova era nella ricerca di antibiotici endogeni, capaci di integrarsi in modo armonioso con il microbiota anziché distruggerlo.
Nuove direzioni per la ricerca antimicrobica
Kowalski e il suo team stanno ora indagando sui meccanismi genetici che permettono allo stafilococco di mutare rapidamente e aggirare i diversi attacchi antimicrobici, compresi quelli del 10-HP. Lo scopo è quello di anticipare le contromisure evolutive del batterio, creando nuove strategie terapeutiche basate sul rafforzamento delle difese naturali.
Come ha affermato Matthew Barber, il lavoro da fare è ancora molto, ma questa scoperta rappresenta un passo significativo verso una nuova comprensione dei microrganismi residenti sulla nostra pelle e del loro ruolo protettivo invisibile ma fondamentale.