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Quando un errore diventa storia: il caso del “modello di Tai” e la regola del trapezio riscoperta nel 1994

By Valeria Mariani
Published 12 Marzo 2025
5 Min Read
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Nel 1994, un articolo pubblicato sulla rivista Diabetes Care sollevò un curioso dibattito nella comunità scientifica. L’autrice, Mary M. Tai, descriveva un metodo per calcolare l’area totale sotto una curva nei grafici di studi metabolici, presentandolo come un approccio innovativo e denominandolo “modello di Tai”. Tuttavia, la metodologia esposta, che consisteva nel suddividere l’area sottesa a una curva in segmenti elementari – quadrati, rettangoli e triangoli – e poi sommarli, altro non era che una reinterpretazione di un principio noto da secoli: la regola del trapezio.

 

La riscoperta di una regola antica quanto la matematica stessa

Nel suo lavoro, Mary M. Tai spiegava di aver messo a punto questa procedura durante una sessione con un consulente statistico, dopo aver esaminato diverse alternative per superare l’imprecisione nelle stime dell’area sotto le curve metaboliche. “La strategia di questo modello matematico”, scriveva, “è di dividere l’area totale sotto una curva in piccoli segmenti individuali come quadrati, rettangoli e triangoli, le cui aree possono essere determinate con precisione secondo le formule geometriche esistenti”.

 

Il metodo descritto, però, è l’esatta applicazione di un concetto che risale almeno al XVII secolo, utilizzato ampiamente nei corsi universitari di calcolo integrale: la regola del trapezio. Questa tecnica prevede la suddivisione dell’asse x in piccoli intervalli, all’interno dei quali l’area sotto la curva viene approssimata da quella di trapezi, per poi sommare i risultati. La precisione aumenta all’aumentare del numero di suddivisioni.

 

La replica dei matematici e il “battesimo” del modello

Dopo la pubblicazione dell’articolo, numerosi matematici risposero con lettere di chiarimento, sottolineando come la regola del trapezio fosse parte integrante del calcolo integrale da secoli, e non avesse bisogno di un nuovo nome. Isaac Newton, già nel XVII secolo, aveva approfondito questo metodo. “Lodo Tai per aver prodotto un metodo corretto per calcolare l’area totale sotto la curva”, scriveva un matematico in risposta, “ma si tratta di un concetto geometrico di base, conosciuto e applicato da tempo”.

 

Nonostante il tono critico, il confronto avvenne con spirito costruttivo. Mary M. Tai rispose alle critiche spiegando di aver sviluppato il metodo indipendentemente, durante la sua attività presso il St Luke’s-Roosevelt Hospital Center e la Columbia University. Specificò di non aver mai inteso presentare il modello come un’innovazione rivoluzionaria, ma che fu il suo stesso team a utilizzarlo con il nome di “formula di Tai” per semplicità. Solo successivamente, per esigenze di pubblicazione e citazione nei lavori scientifici, venne formalizzato come modello di Tai.

 

Il fascino della riscoperta indipendente nella storia della scienza

Il caso di Mary M. Tai non è isolato. La scienza e la matematica abbondano di episodi in cui ricercatori, lavorando in modo indipendente, giungono a scoperte già note. Un esempio contemporaneo viene da Reddit, dove un giovane utente, ThatGuyWhoLikesMoney, racconta di aver “reinventato” il calcolo integrale studiando reti neurali. Dopo settimane di lavoro, arrivò a comprendere come stimare le aree sotto un grafico, solo per scoprire che Isaac Newton l’aveva già “copiato” secoli fa. La frase ironica “Newton mi ha copiato. Lo odio” evidenzia come la riscoperta personale di principi matematici noti possa essere, seppur frustrante, anche motivo di orgoglio.

 

Da Babilonia a oggi: quando le scoperte si ripetono

Le regole fondamentali della matematica sono state scoperte e riscoperte più volte lungo la storia. I Babilonesi, già millenni fa, avevano sviluppato sistemi per il calcolo delle aree e volumi. È comprensibile, quindi, che anche nei tempi moderni, studenti e scienziati possano imbattersi in idee che sembrano nuove, ma che hanno in realtà radici antiche.

 

Il caso del modello di Tai resta un esempio emblematico di quanto sia importante verificare la letteratura esistente prima di proporre un nuovo metodo o concetto, per evitare di essere sommersi da lettere di matematici… o battute sarcastiche.

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