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Scoperti altri 16 geni legati al rischio di Alzheimer: nuove prospettive per diagnosi e terapie

By Stefania Romano
Published 6 Marzo 2025
2 Min Read
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Uno studio condotto su un ampio campione di oltre 49mila individui appartenenti a diverse etnie ha permesso di identificare 16 nuovi geni associati al rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer, la forma più diffusa di demenza. La ricerca, pubblicata sulla rivista Alzheimer’s & Dementia, è stata realizzata dal team del Massachusetts General Hospital di Boston e rappresenta un significativo passo avanti nella comprensione dei fattori genetici che influenzano l’insorgenza di questa patologia.

 

Un’analisi genetica su popolazioni diverse

Il grande valore di questo studio risiede nella sua ampia diversità etnica. Circa metà dei partecipanti proviene infatti da gruppi non europei, colmando una lacuna presente in molte ricerche precedenti. Questo approccio permette di ottenere dati più rappresentativi e di individuare specifiche varianti genetiche che potrebbero influenzare il rischio di Alzheimer in differenti popolazioni.

 

Delle 49mila persone analizzate, circa 12mila avevano già ricevuto una diagnosi della malattia, mentre le altre 37mila erano considerate a rischio per una familiarità con il disturbo. Attraverso questa vasta analisi, gli scienziati hanno identificato 16 geni mai collegati prima d’ora all’Alzheimer, aprendo la strada a ulteriori studi su campioni ancora più numerosi e sulle varianti genetiche più rare.

 

Verso diagnosi più precoci e nuove terapie

Uno degli autori della ricerca ha sottolineato la sorpresa del team nello scoprire questi nuovi geni estendendo le analisi a gruppi etnici diversi da quelli europei. Questo risultato potrebbe migliorare le capacità di prevedere il rischio della malattia in modo più preciso, nonché individuare nuovi bersagli farmacologici e biologici per la prevenzione e il trattamento dell’Alzheimer in differenti popolazioni.

 

L’obiettivo ora è quello di proseguire con indagini ancora più approfondite, ampliando ulteriormente il numero di partecipanti e analizzando nel dettaglio le mutazioni genetiche più rare, per comprendere sempre meglio i meccanismi alla base di questa complessa malattia neurodegenerativa.

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