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Il ritorno dei lupi in Scozia potrebbe catturare 1 milione di tonnellate di CO2 all’anno

By Valeria Mariani
Published 22 Febbraio 2025
5 Min Read
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Un gruppo di ricercatori dell’Università di Leeds ha avanzato una proposta sorprendente per combattere la crisi climatica: reintrodurre i lupi in Scozia. Secondo lo studio, la presenza di questi predatori nelle Highlands centrali, sud-occidentali, nord-occidentali e nei Cairngorms potrebbe contribuire a catturare fino a 1 milione di tonnellate di CO2 ogni anno, favorendo la rigenerazione naturale delle foreste.

 

La scomparsa dei lupi dal Regno Unito

Per secoli, i lupi sono stati perseguitati in tutta Europa, spesso sterminati per ordine dei sovrani. Nel Regno Unito, l’eradicazione è avvenuta gradualmente. In Inghilterra, Edoardo I ordinò la loro eliminazione tra il 1272 e il 1307, sebbene l’estinzione definitiva sia avvenuta sotto il regno di Enrico VII. In Scozia, un territorio più montuoso e selvaggio, la loro presenza è stata registrata fino al XVII secolo, ma anche qui furono sistematicamente cacciati.

 

Già nel 1283, a Stirling, venivano pagati cacciatori specializzati per sterminarli, mentre nel 1427 Giacomo I di Scozia impose ai nobili l’obbligo di abbattere i lupi nelle loro terre. Nel 1491, a Linlithgow, venne addirittura assegnata una taglia per due esemplari catturati. Tra le battute di caccia più note, spiccano quelle organizzate nel 1528 dal conte di Athol per Giacomo V di Scozia e nel 1563 per Maria Stuarda, che riportò l’uccisione di cinque lupi.

 

Nonostante una resistenza più lunga rispetto all’Inghilterra, circa 250 anni fa anche la Scozia vide scomparire i suoi ultimi esemplari. Da allora, il paesaggio è profondamente cambiato, con gravi ripercussioni sull’ecosistema.

 

Il problema dell’eccesso di cervi

L’assenza di predatori naturali ha portato a un aumento incontrollato della popolazione di cervi rossi, oggi stimata in 400.000 esemplari. Sebbene questi animali facciano parte della fauna locale, il loro numero eccessivo ha provocato danni alla vegetazione, poiché si nutrono dei giovani alberelli, impedendo la crescita dei boschi.

 

“La presenza massiccia di cervi, unita alle pecore in alcune aree, ostacola la rigenerazione forestale in gran parte della Scozia,” spiegano i ricercatori. Attualmente, meno del 4% del territorio scozzese è coperto da boschi nativi. Solo nelle aree protette da recinzioni si sta assistendo a una timida ripresa della vegetazione.

 

Il modello scientifico e l’effetto dei lupi sull’ecosistema

Per analizzare le conseguenze della reintroduzione dei lupi, gli scienziati hanno utilizzato un modello predatore-preda di Markov. I risultati suggeriscono che una popolazione di 167 lupi potrebbe ridurre la densità dei cervi a meno di quattro esemplari per chilometro quadrato, consentendo il ripristino naturale delle foreste.

 

Le nuove aree boschive potrebbero assorbire fino a 1 milione di tonnellate di CO2 all’anno, coprendo circa il 5% dell’obiettivo nazionale di sequestro del carbonio. In termini economici, ogni lupo avrebbe un valore stimato di 154.000 sterline in base ai costi attuali per la rimozione della CO2.

 

“Le crisi climatiche e della biodiversità sono strettamente collegate,” ha dichiarato Dominick Spracklen, professore della School of Earth and Environment dell’Università di Leeds. “Dobbiamo considerare il ruolo dei processi naturali nel ripristino degli ecosistemi degradati, con vantaggi sia per la natura che per il clima.”

 

Le sfide della reintroduzione

L’idea di riportare i lupi in Scozia non è priva di controversie. La loro presenza nelle vicinanze di insediamenti umani e allevamenti solleva questioni legate alla convivenza con le persone e gli animali da fattoria.

 

Secondo Lee Schofield, coautore dello studio, un’eventuale reintroduzione richiederebbe un’ampia consultazione pubblica. “I conflitti tra esseri umani e fauna selvatica sono comuni e devono essere affrontati con politiche adeguate. È fondamentale coinvolgere attivamente il pubblico per garantire il successo di un’operazione di questa portata.”

 

Lo studio, pubblicato sulla rivista Ecological Solutions and Evidence, rappresenta un contributo significativo al dibattito sulla conservazione della fauna selvatica nel Regno Unito e sul ruolo dei predatori nel mantenimento degli ecosistemi.

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