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Avvocati AI e giustizia climatica: come negli anni 2030 le compagnie petrolifere saranno obbligate a risarcire miliardi

By Stefania Romano
Published 20 Febbraio 2025
6 Min Read
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Nel corso degli anni 2030, una massiccia ondata di procedimenti legali sostenuta da avvocati IA sta scuotendo le fondamenta delle multinazionali del petrolio, imponendo il pagamento di sanzioni miliardarie per i danni ambientali derivanti dalle loro emissioni nocive. A rivelare questo scenario, che pare ormai sempre più concreto, è Rowan Hooper, esperto di futuri possibili e mutamenti sociali, la cui analisi prospettica getta luce su come la giustizia climatica si stia trasformando grazie all’uso avanzato dell’intelligenza artificiale nel settore legale.

 

Le azioni legali come risposta all’inazione climatica

Alla fine degli anni 2020, la crisi climatica aveva raggiunto livelli drammatici, e la frustrazione dell’opinione pubblica si era riversata in due direzioni opposte. Da un lato, cresceva la tensione sociale e l’impiego di pratiche illegali: attacchi contro le infrastrutture petrolifere, sabotaggi di oleodotti e azioni di danneggiamento ai danni dei colossi dei combustibili fossili erano divenuti frequenti, assumendo le forme di una guerriglia ecologica diffusa. Dall’altro, però, emergeva un fronte di attivismo giuridico sempre più agguerrito, puntando sulla via delle aule di tribunale per ottenere giustizia.

 

La rivoluzione degli avvocati AI negli anni 2030

Con l’ingresso degli anni 2030, la vera svolta si concretizza nell’applicazione dell’intelligenza artificiale nei procedimenti legali. I sistemi AI giuridici, capaci di analizzare in tempo reale milioni di documenti, incrociare leggi ambientali internazionali, rilevare precedenti giurisprudenziali e costruire accuse inoppugnabili, hanno scardinato le tradizionali strategie difensive delle corporazioni energetiche.

 

Questi avvocati digitali non si limitano a elaborare dati, ma riescono a individuare responsabilità storiche e collegamenti causali tra emissioni industriali e disastri climatici, inchiodando le multinazionali alle loro colpe passate. In particolare, risultano decisive le prove tratte da documenti interni di giganti come ExxonMobil e Chevron, che da decenni conoscevano l’impatto del carbonio sull’innalzamento delle temperature globali, ma avevano scelto di occultare informazioni e alimentare il negazionismo climatico.

 

L’eredità delle politiche di Donald Trump e l’esasperazione popolare

Il terreno su cui si innesta questa rivoluzione legale è stato fertilizzato dalle scelte politiche adottate negli Stati Uniti durante il mandato presidenziale di Donald Trump, il 47º presidente eletto nuovamente nel 2024, fautore della famigerata politica energetica “Trivella, baby, trivella”. Questa espressione, divenuta simbolo di un’espansione sfrenata dell’estrazione petrolifera e del gas di scisto, ha rappresentato per molti ambientalisti l’incubo di un ritorno al passato fossile.

 

Alla fine del decennio 2020, la popolazione mondiale, sempre più esposta a ondate di calore letali, uragani devastanti, siccità estreme e innalzamento del livello del mare, ha visto crescere la rabbia sociale nei confronti di governi e aziende ritenuti complici della catastrofe climatica.

 

La giustizia climatica diventa realtà

Se in passato le corporazioni petrolifere riuscivano a dilatare i processi per decenni grazie a eserciti di avvocati umani, la potenza di calcolo degli avvocati AI ha ribaltato i rapporti di forza. Nei tribunali federali degli Stati Uniti, nelle Corti internazionali dell’Aja e nei Tribunali europei per i diritti umani, le cause ambientali hanno iniziato a chiudersi in tempi record.

 

Nel 2032, il primo caso simbolo ha visto la condanna di BP a versare 22 miliardi di dollari come risarcimento alle comunità costiere di Louisiana e Florida, devastate da uragani resi più violenti dal riscaldamento degli oceani. Un anno dopo, la Royal Dutch Shell ha subito una multa di 18 miliardi di euro per aver accelerato il processo di desertificazione in Africa occidentale attraverso emissioni irresponsabili.

 

I nuovi protagonisti delle battaglie ambientali

Dietro queste vittorie legali non ci sono solo ONG ambientaliste e associazioni civili, ma anche giovani avvocati digitali formati all’uso dei sistemi AI e collettivi giuridici internazionali connessi tramite blockchain legale.

 

Greta Thunberg, figura ormai consolidata come senatrice svedese nel 2035, ha definito questa nuova stagione “l’alba della responsabilità climatica universale”.

 

A Bruxelles, il Parlamento Europeo ha accolto con favore la proposta di istituire il Fondo Riparazioni Climatiche, alimentato proprio dalle sanzioni comminate alle aziende fossili, destinato al risarcimento delle popolazioni colpite nei Paesi in via di sviluppo.

 

Il declino delle multinazionali fossili e il futuro dell’energia

Nel frattempo, il valore azionario dei colossi petroliferi ha registrato crolli senza precedenti. La ExxonMobil ha visto le proprie quotazioni a Wall Street scendere del 70% tra il 2031 e il 2034, mentre Chevron ha dovuto disinvestire dal Golfo del Messico, cedendo piattaforme estrattive alla compagnia brasiliana Petrobras.

Parallelamente, le energie rinnovabili hanno conosciuto una crescita esponenziale: nel 2035, il 70% dell’elettricità globale proviene da solare, eolico e idroelettrico, con Europa e Asia in prima linea.

 

Il ruolo dell’AI legale non si è limitato al settore ambientale: si è esteso anche a casi di diritti umani, corruzione governativa e discriminazione sociale, trasformando il diritto in uno strumento più accessibile e rapido per garantire giustizia planetaria.

 

Il 2030 è diventato così l’inizio di una nuova era giuridica, in cui le grandi compagnie petrolifere, un tempo intoccabili, si ritrovano sotto il peso di sentenze miliardarie, obbligate a rispondere finalmente delle proprie colpe verso l’umanità e il pianeta.

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