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Ad PremiereNews

Depressione grave: quando il dolore non è solo nella mente

By Stefano Diaz
Published 18 Febbraio 2025
4 Min Read
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Contents
Il peso della depressione sul corpo e sulla vita quotidianaL’isolamento e la disperazione: quando il suicidio sembra l’unica via d’uscitaTerapia elettroconvulsiva: una speranza con un prezzo troppo altoL’ultima possibilità: la stimolazione cerebrale profonda (DBS)L’intervento al cervello: paura e speranza

Il peso della depressione sul corpo e sulla vita quotidiana

La depressione grave non è solo una condizione mentale: può travolgere il corpo, influenzare ogni cellula e rendere insopportabile la quotidianità. Jon Nelson descrive il suo stato come un veleno che scorreva nelle vene, una sofferenza che non lo abbandonava mai. Per molti, come Jon e Amanda, la malattia diventa un’ombra costante, che non lascia spazio alla speranza.

L’isolamento e la disperazione: quando il suicidio sembra l’unica via d’uscita

Jon racconta di come fosse capace di apparire felice in pubblico, per poi, una volta solo, pensare di schiantarsi con la macchina contro un albero. Amanda, invece, ha riconosciuto solo in età adulta che la sua depressione era iniziata a 13 anni, quando si ritrovava sveglia nel cuore della notte a desiderare di non esistere più.

Entrambi hanno provato ogni trattamento disponibile: antidepressivi, stimolazione magnetica transcranica (TMS), ketamina, terapia elettroconvulsiva (ECT). Tuttavia, anche le soluzioni più avanzate, come la ketamina, hanno fornito un sollievo solo temporaneo, fino a perdere completamente efficacia.

Terapia elettroconvulsiva: una speranza con un prezzo troppo alto

L’ECT è spesso considerata l’ultima risorsa per chi soffre di depressione resistente ai trattamenti. Amanda ha affrontato 40 sessioni di questa terapia, sperimentando un leggero miglioramento. Tuttavia, gli effetti collaterali sono stati devastanti: gravi perdite di memoria, al punto da non ricordare la disposizione dei mobili di casa o come usare il software del proprio lavoro.

A quel punto, i medici hanno dichiarato di non poter fare più nulla per lei. Amanda si è ritrovata senza alcuna possibilità di guarigione, fino a raggiungere un punto di rottura: ha tentato il suicidio.

L’ultima possibilità: la stimolazione cerebrale profonda (DBS)

Dopo aver toccato il fondo, Amanda si è sottoposta a una sperimentazione innovativa: la stimolazione cerebrale profonda (DBS). Questo trattamento prevede l’impianto di elettrodi nel cervello, che trasmettono impulsi elettrici per regolare l’attività cerebrale.

La ricerca sulla DBS ha una lunga storia. La neurologa Helen Mayberg è una delle pioniere in questo campo. Il primo test clinico, nel 2008, si è rivelato un fallimento: il trattamento non aveva prodotto miglioramenti rispetto al placebo. Tuttavia, la ricerca non si è fermata e negli anni gli scienziati hanno perfezionato il metodo, migliorando la selezione dei pazienti e la precisione dell’impianto.

L’intervento al cervello: paura e speranza

Quando Amanda ha ricevuto il dossier di 44 pagine con tutti i rischi dell’intervento, sapeva che stava affrontando una scelta estrema. Ma la prospettiva di continuare a soffrire era ancora più spaventosa.

Anche Jon ha deciso di sottoporsi alla DBS. La sua maggiore preoccupazione? Radersi i capelli. L’idea di perdere i capelli gli pesava più dell’operazione in sé. Sua moglie, Barbara, invece, era terrorizzata: “E se i chirurghi sbagliano? Se funziona? Se non funziona?”

L’operazione è durata otto ore. Nei prossimi episodi di The Deep End, si scoprirà cosa è successo dopo, come Jon e Amanda hanno affrontato i giorni successivi all’intervento e se la DBS ha realmente cambiato le loro vite.

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