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Una rivoluzione nella fisica delle particelle: l’acceleratore su chip

By Mirko Rossi
Published 3 Marzo 2024
6 Min Read
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La ricerca nel campo della fisica delle particelle potrebbe presto subire una svolta epocale grazie al lavoro di un gruppo di ingegneri della Stanford University. Questi ricercatori stanno infatti sviluppando un acceleratore di elettroni di dimensioni estremamente ridotte, basato sulla tecnologia dell’acceleratore su chip, che potrebbe trovare applicazioni in ambiti diversi, dalla fisica alla medicina, fino all’industria.

Contents
Da chilometri a micron: la miniaturizzazione degli acceleratoriLa tecnologia alla base del nuovo acceleratoreGuidare gli elettroni con i laserLa staffetta degli elettroni e le collaborazioni internazionali

 

Da chilometri a micron: la miniaturizzazione degli acceleratori

Gli acceleratori di particelle sono strumenti fondamentali per la fisica moderna, permettendo di studiare le proprietà dei materiali, produrre sonde focalizzate per applicazioni mediche e identificare i costituenti fondamentali dell’universo. I primi acceleratori di particelle ad alta energia, sviluppati negli anni ’30, erano dispositivi che potevano essere collocati su un tavolo. Tuttavia, per studiare fenomeni fisici più avanzati, si è reso necessario costruire sistemi di dimensioni maggiori, come l’acceleratore lineare del SLAC National Accelerator Laboratory della Stanford, lungo quasi 3,2 chilometri e attivato nel 1966.

Nonostante questi grandi sistemi abbiano permesso numerose scoperte nel campo della fisica delle particelle, l’obiettivo di Broaddus è quello di realizzare un acceleratore lineare di dimensioni ridottissime che possa competere con le capacità di macchine mille volte più grandi, ma a una frazione del costo. Questo potrebbe rivoluzionare anche il campo della medicina, permettendo di indirizzare con precisione un fascio di elettroni su un tumore attraverso una piccola sonda.

 

La tecnologia alla base del nuovo acceleratore

Grazie ai progressi nella fabbricazione su scala nanometrica e nelle tecnologie laser, la visione di un acceleratore miniaturizzato è sempre più realizzabile. Gli acceleratori radiofrequenza tradizionali sono costituiti da cavità di rame attraverso le quali vengono pompate onde radio che forniscono energia alle particelle. Questi impulsi possono riscaldare il metallo, quindi le cavità devono operare a energie e tassi di impulsi più bassi per dissipare il calore e prevenire il surriscaldamento.

Tuttavia, le strutture in vetro e silicio possono gestire impulsi energetici molto più elevati provenienti dai laser senza surriscaldarsi, risultando quindi più potenti pur essendo più piccole. Circa 10 anni fa, i ricercatori della Stanford hanno iniziato a sperimentare con strutture nanometriche realizzate con questi materiali. Nel 2013, un team guidato dal coautore dell’articolo Robert Byer ha dimostrato che un piccolo acceleratore in vetro con luce infrarossa pulsata era riuscito ad accelerare gli elettroni. Questi risultati hanno portato il progetto ad essere adottato dalla Gordon and Betty Moore Foundation nell’ambito della collaborazione internazionale Accelerator on a Chip (ACHIP) per produrre un acceleratore da mega-elettronvolt delle dimensioni di una scatola di scarpe.

Guidare gli elettroni con i laser

Il team di Stanford ha ora dimostrato di poter guidare gli elettroni anche su scala nanometrica. Per fare ciò, hanno costruito una struttura in silicio con un canale sub-micrometrico posto in un sistema a vuoto. Hanno iniettato elettroni da un’estremità e illuminato la struttura da entrambi i lati con un impulso laser sagomato che forniva spinte di energia cinetica. Periodicamente, i campi laser passavano da proprietà focalizzanti a defocalizzanti, raggruppando gli elettroni e impedendo loro di deviare dalla traiettoria.

In totale, questa catena di accelerazione, defocalizzazione e focalizzazione ha agito sugli elettroni per una distanza di quasi un millimetro. Potrebbe non sembrare molto, ma queste particelle cariche hanno ricevuto una notevole spinta, guadagnando 23,7 kilo-elettronvolt di energia, circa il 25% in più rispetto all’energia iniziale. Il tasso di accelerazione raggiunto dal prototipo di acceleratore è paragonabile a quello degli acceleratori di rame convenzionali, e Broaddus aggiunge che tassi di accelerazione molto più elevati sono possibili.

 

La staffetta degli elettroni e le collaborazioni internazionali

Un gruppo di ricerca gemello presso la Friedrich Alexander University (FAU) di Erlangen, in Germania, ha recentemente dimostrato un dispositivo simile con un singolo laser e partendo da un’energia iniziale molto più bassa. Questo dispositivo e quello di Stanford saranno alla fine parte di una sorta di staffetta degli elettroni, come spiega Broaddus.

Questa futura staffetta avrà tre componenti: il dispositivo della FAU prenderà elettroni a bassa energia e fornirà loro una spinta iniziale, dopodiché potranno essere inseriti in un dispositivo simile a quello che Broaddus sta sviluppando. L’ultimo passaggio per gli elettroni sarà un acceleratore realizzato in vetro, come quello sviluppato da Byer. Il vetro può sopportare un bombardamento ancora più intenso da parte dei laser rispetto al silicio, consentendo all’acceleratore di energizzare ulteriormente gli elettroni e spingerli verso la velocità della luce.

 

Solgaard ritiene che un tale acceleratore in miniatura sarà utile nella fisica delle alte energie, esplorando la materia fondamentale che costituisce l’universo proprio come fanno i suoi omologhi più grandi. “Abbiamo ancora molta strada da fare”, ha detto, ma rimane ottimista, aggiungendo: “abbiamo compiuto i primi passi”.

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