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Alla Prima PaginaNews

Le microplastiche nel cervello: una minaccia invisibile alla salute umana?

By Valeria Mariani
Published 6 Febbraio 2025
5 Min Read
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Contents
Le microplastiche: una presenza ubiqua nel nostro ambienteLo studio: l’analisi di 52 campioni di tessuto cerebraleMicroplastiche e malattie neurologiche: esiste un collegamento?Implicazioni e limiti dello studioUn problema globale ancora da comprendere

Negli ultimi decenni, la contaminazione da micro- e nanoplastiche ha raggiunto livelli allarmanti, penetrando negli ecosistemi e nel corpo umano. Un recente studio ha rivelato che il cervello potrebbe contenere una quantità significativamente maggiore di queste particelle rispetto a organi come fegato e reni. Questo solleva interrogativi sulle possibili implicazioni per la salute neurologica e sistemica.

 

Le microplastiche: una presenza ubiqua nel nostro ambiente

Le microplastiche sono particelle di dimensioni inferiori a 5 millimetri, mentre le nanoplastiche sono ancora più piccole, arrivando fino a pochi nanometri. Questi frammenti derivano dalla degradazione di materiali plastici, dalla produzione industriale e persino dai cosmetici. Entrano nel corpo umano attraverso cibo, acqua e aria, diffondendosi negli organi e nei tessuti.

 

Secondo le stime del 2021, la produzione globale di plastica ha raggiunto 390,7 milioni di tonnellate, con una frazione significativa che finisce dispersa nell’ambiente. Le microplastiche sono state individuate in sangue, placenta e polmoni, ma solo di recente gli scienziati hanno iniziato a studiare la loro presenza nel cervello umano.

 

Lo studio: l’analisi di 52 campioni di tessuto cerebrale

Un gruppo di ricercatori ha analizzato campioni prelevati da autopsie effettuate tra il 1997 e il 2024, focalizzandosi su fegato, reni e cervello. Sono stati esaminati 52 campioni di tessuto cerebrale, con un’analisi più approfondita su quelli provenienti da soggetti deceduti nel 2016 e nel 2024.

 

L’indagine ha utilizzato metodi sofisticati come la cromatografia a gas con pirolisi, la spettrometria di massa, la spettroscopia infrarossa a trasformata di Fourier e la microscopia elettronica per determinare la concentrazione e la natura delle microplastiche nei tessuti.

 

I risultati hanno mostrato che:

 

  • Il cervello presentava una quantità significativamente maggiore di microplastiche rispetto a fegato e reni.
  • Il principale polimero individuato era il polietilene, utilizzato in sacchetti, bottiglie e pellicole alimentari.
  • Le microplastiche nel cervello si presentavano sotto forma di frammenti nanometrici appuntiti, potenzialmente in grado di interagire con il tessuto nervoso.
  • La concentrazione di microplastiche nel cervello è aumentata quasi del 50% tra il 2016 e il 2024, passando da 3.345 microgrammi per grammo a 4.917 microgrammi per grammo.

Microplastiche e malattie neurologiche: esiste un collegamento?

Uno degli aspetti più inquietanti dello studio riguarda l’analisi di 12 campioni provenienti da soggetti con demenza. In questi cervelli, la quantità di microplastiche era superiore alla media.

 

Tuttavia, i ricercatori hanno precisato che questo non implica necessariamente una relazione causale tra accumulo di microplastiche e malattie neurodegenerative. Alcuni fattori associati alla demenza, come l’atrofia cerebrale e l’integrità compromessa della barriera emato-encefalica, potrebbero favorire una maggiore concentrazione di microplastiche nel cervello.

 

Implicazioni e limiti dello studio

Uno degli aspetti più discussi della ricerca è la dimensione del campione: con soli 52 cervelli analizzati, non è possibile trarre conclusioni definitive sulla portata del problema a livello globale.

 

Inoltre, alcuni esperti hanno sollevato dubbi sui metodi analitici utilizzati. Il professore Oliver Jones della RMIT University di Melbourne ha sottolineato che il metodo principale, la cromatografia a gas con pirolisi, potrebbe produrre falsi positivi a causa della presenza di grassi nel cervello, che possono dare segnali simili a quelli del polietilene.

 

Tuttavia, gli autori dello studio hanno dichiarato che:

 

  • I campioni sono stati trattati in ambienti sterili, riducendo il rischio di contaminazione esterna.
  • I campioni del 2024 sono stati conservati per un tempo molto più breve rispetto a quelli del 2016, eppure contenevano una maggiore quantità di microplastiche, escludendo in parte l’ipotesi di contaminazione post-mortem.

Un problema globale ancora da comprendere

Le microplastiche sono ormai una presenza inevitabile nel nostro corpo, ma quali siano i loro effetti sulla salute umana è ancora poco chiaro. Questo studio rappresenta un passo avanti nella ricerca, ma sono necessarie ulteriori indagini per capire se e come queste particelle possano influenzare il funzionamento del sistema nervoso centrale.

 

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Medicine e continua ad alimentare il dibattito sulla necessità di regolamentare la produzione e l’uso delle plastiche, oltre a incentivare ricerche più approfondite sul loro impatto biologico.

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