La ricerca nel campo dell’energia solare è in costante evoluzione, con l’obiettivo di trovare soluzioni sempre più efficienti e sostenibili. In questo contesto, un gruppo di ricercatori brasiliani dell’Università Statale di San Paolo (UNESP) ha sviluppato un metodo innovativo per migliorare l’efficienza e la durata delle celle solari a perovskite, integrando nella loro struttura una classe di materiali chiamati MXenes. Questo progresso, documentato nel Journal of Materials Chemistry C, promette miglioramenti significativi nella tecnologia delle celle solari, con potenziali impatti sulla produzione industriale e gli sforzi di sostenibilità.
I ricercatori dell’UNESP, situata a Bauru, in Brasile, hanno scoperto che l’aggiunta di MXenes, materiali bidimensionali con una struttura simile al grafene che combinano metalli di transizione, carbonio e/o azoto, e gruppi funzionali superficiali come fluoro, ossigeno o idrossile, può aumentare notevolmente l’efficienza delle celle solari a perovskite. Questi materiali si distinguono per la loro alta conduttività elettrica, buona stabilità termica e alta trasmissione, ovvero la capacità di lasciar passare la luce senza rifletterla o assorbirla.
Nello specifico, il MXene Ti3C2Tx è stato aggiunto al polimetilmetacrilato (PMMA) per formare un rivestimento di passivazione, applicato sopra lo strato di perovskite delle celle solari invertite. I rivestimenti di passivazione sono progettati per mitigare i possibili difetti nei solidi policristallini, come la perovskite, dovuti all’interazione con l’ambiente o alla loro struttura interna. Le celle solari a perovskite hanno una struttura stratificata e l’ordine degli strati è cruciale per le loro prestazioni. In una cella solare invertita, l’architettura del dispositivo è invertita per garantire un’elevata trasparenza ottica mentre la luce solare raggiunge lo strato di perovskite.
L’uso di Ti3C2Tx ha aumentato l’efficienza di conversione di potenza delle celle dal 19% al 22%. Inoltre, ha incrementato la stabilità delle celle, che hanno durato tre volte più a lungo senza perdita di prestazioni rispetto alle celle di controllo (senza lo strato di passivazione).
Per João Pedro Ferreira Assunção, primo autore dell’articolo e candidato al master in scienze e tecnologia dei materiali presso l’UNESP, i risultati sono stati sorprendenti poiché l’obiettivo iniziale del progetto era semplicemente quello di rimediare alla riduzione delle prestazioni causata dall’aggiunta dello strato isolante di passivazione.