Le attività umane e l’impatto sulle popolazioni di formiche

Le attività umane stanno causando una fusione delle popolazioni di formiche a livello globale, erodendo le distinzioni evolutive naturali e minacciando la biodiversità, in particolare nelle regioni tropicali e sulle isole. Un recente studio pubblicato su Nature Communications dal Dipartimento di Ecologia ed Evoluzione dell’UNIL mette in luce come questo cambiamento stia alterando le comunità di formiche in tutto il mondo. La ricerca sottolinea che l’influenza umana sta interrompendo la biodiversità e i modelli biogeografici che si sono evoluti nel corso di milioni di anni, con un effetto particolarmente pronunciato nelle regioni tropicali e sulle isole.

Immaginatevi con i piedi nella sabbia, rilassati su una spiaggia a nord-est di Bali. Davanti a voi si trova Lombok, la cui sagoma è visibile all’orizzonte. Domani, avete in programma di attraversare i 40 chilometri che separano queste due isole nell’immenso arcipelago indonesiano. Senza che voi lo sappiate, questo viaggio vi porterà oltre un confine impercettibile: la Linea di Wallace.

Questa demarcazione invisibile è il risultato del passato movimento delle placche tettoniche, degli antichi climi e di milioni di anni di processi evolutivi, dividendo i regni biogeografici delle regioni Indomalesi e Australasiane. Scoperta quasi 170 anni fa dall’intrepido naturalista britannico Alfred Russel Wallace, questa linea una volta prometteva un netto contrasto tra la flora e la fauna di Lombok rispetto alla vicina Bali. Tuttavia, tra le complessità delle dinamiche ecologiche contemporanee, ci si deve chiedere: questa demarcazione è ancora valida oggi?

Cleo Bertelsmeier, Lucie Aulus-Giacosa e Sébastien Ollier, rispettivamente professore associato, ricercatrice post-dottorato e biostatistico nel Dipartimento di Ecologia ed Evoluzione della Facoltà di Biologia e Medicina dell’UNIL, hanno studiato l’impatto della dispersione mediata dall’uomo di specie non native su queste barriere biogeografiche naturali. Attraverso uno studio incentrato sulle formiche come esempio principale, i ricercatori evidenziano gli impatti di 309 specie non native, trasportate principalmente accidentalmente attraverso lo scambio globale di merci e il turismo. I loro risultati svelano una profonda alterazione nelle distribuzioni storiche delle specie di formiche, sottolineando le conseguenze di vasta portata dell’attività umana sui nostri paesaggi ecologici.

La dispersione di 309 specie di formiche non native ha avuto un impatto significativo sui modelli biogeografici di tutte le 13.774 specie di formiche con distribuzioni note, con l’emergere di una singola bioregione nei tropici costituita da assemblaggi di specie simili. “Le indagini sull’impatto delle specie non native sulla biogeografia si sono prevalentemente concentrate sui gasteropodi nelle ricerche precedenti. Tuttavia, il nostro studio rompe nuovi schemi concentrandosi sulle specie di formiche che sono insetti, un gruppo tassonomico stimato comprendere un incredibile 70% della massa animale vivente della Terra”, osserva Lucie Aulus-Giacosa, autrice principale della recente pubblicazione su Nature Communications. “Inoltre, i nostri risultati rivelano un’intuizione fondamentale: i cambiamenti profondi indotti dalle specie di formiche non native si estendono ben oltre i modelli di distribuzione delle 309 formiche che abbiamo analizzato. Piuttosto, esercitano un’influenza trasformativa sull’intera struttura bioregionale della biodiversità delle formiche, comprendendo le 13.774 specie descritte con distribuzioni note.” Solo il 2% dei movimenti di queste specie è sufficiente per erodere i confini stabiliti e ridisegnare la mappa di distribuzione per questa variegata gamma di insetti, sottolineando l’ampiezza del nostro impatto sugli ecosistemi globali.

 

In termini pratici, quasi tutti i territori situati sotto il Tropico del Cancro ora formano una singola area biogeografica composta da specie simili. “In poche parole, che siate alla scoperta dei paesaggi dell’Australia, dell’Africa o del Sud America, incontrare le stesse specie di formiche è ora altamente probabile”, spiega Cleo Bertelsmeier, direttore del progetto. “Un tale fenomeno avrebbe senza dubbio fatto riflettere lo stesso Wallace!”

Gli autori attribuiscono questo fenomeno all’eccezionale diversità faunistica presente nei tropici. Di conseguenza, le specie che abitano queste regioni non solo sono più propense a essere trasportate involontariamente, ma anche a stabilirsi con successo in climi tropicali simili altrove. “È profondamente inquietante riconoscere che in soli 200 anni di influenza umana, siamo riusciti a sovvertire completamente i modelli formati da 120 milioni di anni di evoluzione delle formiche”, osserva Cleo Bertelsmeier, sottolineando le profonde implicazioni dell’impronta ecologica umana sulla biodiversità della Terra.

In generale, lo studio sottolinea una tendenza preoccupante: il 52% degli assemblaggi di formiche in tutto il mondo ha subito un aumento della somiglianza, riaffermando il fenomeno pervasivo dell’omogeneizzazione biotica su scala globale. In particolare, questo omogeneizzazione colpisce in modo sproporzionato le regioni tropicali, con le isole che sopportano un fardello particolarmente pesante. Data la loro ricca eredità evolutiva, questi luoghi ospitano ecosistemi distinti altamente suscettibili alle pressioni umane. Di conseguenza, c’è una palpabile apprensione che le specie endemiche possano affrontare il pericoloso orlo dell’estinzione.

 

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