Gli alberi, da sempre considerati alleati fondamentali nella lotta contro il cambiamento climatico, stanno incontrando difficoltà nel svolgere il loro ruolo di assorbitori di anidride carbonica (CO2) in ambienti più caldi e secchi. Questo è quanto emerge da una recente ricerca condotta da un team dell’Università di Penn State, che mette in luce come, in queste condizioni, gli alberi tendano ad aumentare la fotorespirazione, un processo attraverso il quale rilasciano CO2 nell’atmosfera, compromettendo la loro efficacia come pozzi naturali di carbonio.
La ricerca, pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, ha evidenziato come gli alberi in climi più caldi e secchi tendano a “tossire” anziché “respirare”, rilasciando nell’atmosfera una quantità di CO2 superiore rispetto agli alberi situati in condizioni più fresche e umide. Il processo di fotosintesi, che consente agli alberi di rimuovere CO2 dall’atmosfera per produrre nuova crescita, viene infatti ostacolato da condizioni di stress, portando all’aumento della fotorespirazione. L’analisi di un dataset globale di tessuti arborei ha dimostrato che il tasso di fotorespirazione può essere fino a due volte superiore in climi più caldi, specialmente quando l’acqua è limitata, con una soglia critica che inizia a essere superata quando le temperature medie diurne eccedono i 20 gradi Celsius.
I risultati dello studio complicano la convinzione diffusa sul ruolo delle piante nell’assorbire carbonio dall’atmosfera, fornendo nuove intuizioni su come le piante potrebbero adattarsi al cambiamento climatico. È importante notare che, con il riscaldamento del clima, le piante potrebbero essere meno in grado di estrarre CO2 dall’atmosfera e assimilare il carbonio necessario per contribuire al raffreddamento del pianeta.
Nel corso dello studio, i ricercatori hanno scoperto che la variazione nell’abbondanza di certi isotopi dei gruppi metossilici del legno funge da tracciatore della fotorespirazione negli alberi. Gli isotopi possono essere considerati come varietà di atomi con “sapori” unici dovuti a variazioni nella loro massa. Il team ha studiato i livelli dell’isotopo “sapore” metossilico in campioni di legno provenienti da circa trenta esemplari di alberi di vari climi e condizioni in tutto il mondo per osservare le tendenze nella fotorespirazione. I campioni provenivano da un archivio dell’Università della California, Berkeley, che contiene centinaia di campioni di legno raccolti negli anni ’30 e ’40.
Ora che il team ha validato un modo per osservare il tasso di fotorespirazione utilizzando il legno, il metodo potrebbe offrire agli ricercatori uno strumento per prevedere come gli alberi potrebbero “respirare” in futuro e come si sono comportati in passato. La quantità di anidride carbonica nell’atmosfera sta aumentando rapidamente; è già maggiore di qualsiasi momento negli ultimi 3,6 milioni di anni. Il team lavorerà ora per scoprire i tassi di fotorespirazione nel passato antico, fino a decine di milioni di anni fa, utilizzando legno fossilizzato. I metodi consentiranno ai ricercatori di testare esplicitamente le ipotesi esistenti riguardo l’influenza mutevole della fotorespirazione delle piante sul clima nel corso del tempo geologico.
In conclusione, la ricerca di Penn State sottolinea l’importanza di comprendere il ruolo degli alberi nel contesto del cambiamento climatico e le sfide che essi affrontano in ambienti sempre più caldi e secchi. Queste scoperte sono fondamentali per prevedere e mitigare gli effetti del riscaldamento globale, e per sviluppare strategie efficaci per la conservazione e la gestione delle foreste in un futuro che si preannuncia sempre più incerto.