Gli astronomi hanno sempre cercato di comprendere i misteri dell’universo, e una recente scoperta ha gettato nuova luce su un aspetto fondamentale delle stelle massicce blu. Un gruppo di ricercatori provenienti dall’Istituto Leibniz di Astrofisica di Potsdam (AIP), dall’Osservatorio Europeo Meridionale (ESO) e dal MIT Kavli Institute e dal Dipartimento di Fisica ha rivelato che i **campi magnetici** sono molto più comuni nei sistemi stellari con grandi stelle blu di quanto si pensasse in precedenza. Questa scoperta, ottenuta attraverso l’analisi di dati spettropolarimetrici, ha modificato la nostra comprensione dell’evoluzione e della morte esplosiva di queste stelle, sottolineando il loro ruolo nell’universo.
Caratteristiche delle stelle di tipo O
Le stelle blu, note come stelle di tipo O, sono tra le più massicce del nostro universo, con masse superiori a 18 volte quella del nostro Sole. Sebbene siano rare, la loro elevata temperatura e luminosità le rendono visibili dalla Terra, tanto che quattro delle 90 stelle più brillanti appartengono a questa categoria.
Queste stelle sono di straordinaria importanza perché guidano processi fisici energetici che influenzano la struttura di intere galassie e arricchiscono chimicamente la regione tra le stelle. Si trovano tipicamente in regioni di attiva formazione stellare, come le braccia a spirale di una galassia, o in galassie che sono in fase di collisione o fusione.
Le stelle massicce sono di particolare interesse per gli studi magnetici perché terminano la loro evoluzione in modo esplosivo come supernove, lasciando dietro di sé un oggetto compatto, come una stella di neutroni o un buco nero.
Sistemi binari di stelle e la loro evoluzione
I sistemi binari sono costituiti da due stelle legate gravitazionalmente che orbitano l’una attorno all’altra. Se entrambe le componenti sono stelle di tipo O, questo sistema può diventare un binario di oggetti compatti. La destinazione finale delle stelle molto massicce è un buco nero, mentre le stelle di tipo O meno massicce terminano come stelle di neutroni quando “muoiono” come supernove. I binari possono terminare come due stelle di neutroni, una stella di neutroni e un buco nero, o due buchi neri. Le orbite di questi oggetti si degradano attraverso l’emissione di onde gravitazionali e sono osservabili dai rilevatori di onde gravitazionali.
Il ruolo dei campi magnetici nelle stelle massicce
Venti stellari e magnetosfere
Come il Sole, anche le stelle massicce hanno venti stellari, un flusso energetico di particelle cariche. Questi venti di plasma rispondono ai campi magnetici e possono creare una struttura, la magnetosfera. Tutte le stelle e i pianeti con campi magnetici, compresa la Terra, hanno una magnetosfera. Protegge la Terra dalle radiazioni cosmiche energetiche. Il plasma, che può muoversi a migliaia di chilometri al secondo, è soggetto a forze centrifughe estreme. È stato proposto che questo meccanismo magnetico possa essere la ragione per l’esplosione strettamente legata di stelle massicce, rilevante per i lampi gamma di lunga durata, i flash di raggi X e altre caratteristiche delle supernove.
I campi magnetici nelle stelle massicce
Sebbene un’interpretazione teorica dell’influenza dei campi magnetici sulle supernove o sui lampi gamma di lunga durata fosse stata proposta decenni fa, da allora solo undici stelle di tipo O sono state segnalate come ospitanti campi magnetici. Tutte, tranne una, erano stelle singole o in binari ampi. Questo era un fatto molto sorprendente, poiché studi precedenti avevano mostrato che oltre il 90% delle stelle di tipo O si forma in sistemi multipli, con due o più stelle. Molti teorici erano perplessi dal numero piuttosto basso di campi magnetici rilevati nelle stelle massicce, perché non potevano interpretare alcune delle caratteristiche fisiche osservate dei sistemi multipli senza tenere conto dell’effetto di un campo magnetico.
Per risolvere questa discrepanza, gli autori hanno condotto un’indagine magnetica, utilizzando osservazioni spettropolarimetriche archiviate di sistemi stellari con almeno una componente di tipo O. La spettropolarimetria misura la polarizzazione della luce, che fornisce informazioni sull’esistenza di un campo magnetico in una stella. Hanno utilizzato dati degli spettropolarimetri ad alta risoluzione HARPS, installati sul telescopio ESO da 3,6 m a La Silla/Cile, e ESPaDOnS presso il telescopio Canada-Francia-Hawaii su Mauna Kea. Per analizzare i dati, hanno sviluppato una procedura speciale e sofisticata per le misurazioni del campo magnetico.
“Con nostra sorpresa, i risultati hanno mostrato un tasso di occorrenza molto elevato di magnetismo in questi sistemi multipli. 22 dei 36 sistemi studiati hanno campi magnetici chiaramente rilevati, mentre solo tre sistemi non hanno mostrato alcun segno di un campo magnetico”, spiega la dottoressa Silva Järvinen della sezione Fisica Stellare e Esopianeti dell’AIP.
“Il gran numero di sistemi con componenti magnetici presenta un mistero, ma probabilmente indica che il fatto che queste stelle siano cresciute in binari gioca un ruolo determinante nella generazione di campi magnetici nelle stelle massicce attraverso l’interazione tra i componenti del sistema, come il trasferimento di massa tra due delle stelle, o addirittura un evento di fusione di due stelle. Questo lavoro è anche la prima conferma osservativa di uno scenario teorico precedentemente suggerito su come il campo magnetico di una stella influenzi la sua morte, permettendole di esplodere più velocemente e con maggiore energia”, continua la dottoressa Swetlana Hubrig.